giovedì 15 febbraio 2007

Recensione PICCOLO GRANDE UOMO

Recensione piccolo grande uomo




Regia di Arthur Penn con Dustin Hoffman, Faye Dunaway, Martin Balsam, Chief Dan George

Recensione a cura di Terry Malloy (voto: 9,0)

Piccolo grande uomo. Piccolo grande attore. Piccolo grande film. Arthur Penn è magistrale nel dirigere questa storia di valore, qualità e sensibilità immensa e di difficile classificazione, attingendo dalla commedia, dal drammatico, dal western e dallo storico.
"Piccolo grande uomo" è una storia semplice, ma nella sua semplicità grandiosa, commovente, struggente: solo l'abilità di un grande regista poteva realizzare ad una pellicola così perfetta, senza rischiare di cadere nel banale.

Un bambino viene allevato dai Cheyenne, dopo essere caduto in un agguato ad opera dei Poniees in cui perde tutta la famiglia tranne la sorella, e vive da indiano fino a circa diciotto anni nei quali Penn, con brio ed eleganza, documenta lo spettatore circa stile di vita e sui costumi e tradizioni di questo popolo.
Nella prima parte "Piccolo Grande Uomo" apre numerose vie che si concluderanno alla fine in una catena di avvenimenti che saranno essenziali per l'aspetto didascalico del film e del suo svolgimento (come il nemico indiano di Jack cui non era stato permesso dal medesimo di ricambiare il "favore").
Uno specchio americano degli anni della strage dei Cheyenne in cui si muove questo personaggio intricato, ambiguo e fuori dal tempo: dinamico nei caratteri psicologici poichè tramite le peripezie, le cadute e le esperienze (in gran parte disastrose, ma dalla comicità irresistibile) muta nel corso del film assumendo una coerenza e un'assennatezza che pur derivandogli in origine dal Popolo degli Uomini, era andata scomparendo a causa della negatività dell'Uomo Bianco e della profonda sfiducia nutrita nei confronti di questi.
Jack lotta per tutto il film contro il suo essere bianco di pelle ma indiano di spirito come tra due fuochi, in cerca di una risposta a quella violenza subita da piccolo, una ricerca impossibile di accettazione e comprensione da parte di quel popolo che, accecato dall'odio verso i Cheyenne, non capisce il disagio del protagonista provocandone amarezza e dolorosa consapevolezza di solitudine.

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