giovedì 27 dicembre 2012

Recensione LO HOBBIT - UN VIAGGIO INASPETTATO

Recensione lo hobbit - un viaggio inaspettato




Regia di Peter Jackson con Martin Freeman, Cate Blanchett, Elijah Wood, Lee Pace, Andy Serkis, Orlando Bloom, Ian McKellen, Ian Holm, Richard Armitage, Christopher Lee, Mikael Persbrandt, Dean O'Gorman, Benedict Cumberbatch, Luke Evans, Billy Connolly, Stephen Fry

Recensione a cura di Luke07 (voto: 8,0)

"Io ho scoperto che sono le piccole cose buone delle persone comuni che tengono a bada l'oscurità. Piccoli atti di bontà e amore".

Bilbo Baggins è uno hobbit e come tale non ama le avventure perché "fanno far tardi a cena".
Suo malgrado viene coinvolto dallo stregone Gandalf in una spedizione di tredici nani capeggiati dal fiero Thorin Scudodiquercia, per riconquistare il regno nanico di Erebor usurpato dal temibile e spietato drago Smaug. Durante la sua avventura Bilbo si imbatte in una orrenda e viscida creatura, Gollum, al quale sottrae un anello dagli inaspettati poteri, ignaro dei risvolti che questo incontro avrà sulle sorti della Terra di Mezzo.

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mercoledì 19 dicembre 2012

Recensione CENA TRA AMICI

Recensione cena tra amici




Regia di Alexandre de La Patellière, Matthieu Delaporte con Patrick Bruel, Valérie Benguigui, Charles Berling

Recensione a cura di peucezia

Tratto da una pièce teatrale e di estrazione prettamente tale, "Cena tra amici" (il titolo è una libera interpretazione dell'originale "Le prènom" cioè il nome di battesimo) ruota introno a un incontro tra amici di vecchia data che iniziano a discutere partendo dal futuro nome che Vincent, fratello della padrona di casa, docente come suo marito, colto e radical chic, intende dare al bambino che sta per avere. Che il "nome" sia il perno della vicenda si comprende sin dai titoli di testa, che escludono i cognomi di autori e registi.

La storia si apre seguendo un giovane addetto alle consegne a domicilio e alle curiose biografie dei titolari delle strade percorse dal ragazzo per poi proseguire con il fulcro della vicenda che si tiene nell'appartamento da intellettuali borghesi di Pierre, professore alla Sorbona e sua moglie Elizabeth, insegnante alle medie. Alla cena interviene anche l'orchestrale Claude che è considerato a torto omosessuale per i suoi modi poco "virili".

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martedì 18 dicembre 2012

Recensione LA PARTE DEGLI ANGELI

Recensione la parte degli angeli




Regia di Ken Loach con Paul Brannigan, John Henshaw, William Ruane, Gary Maitland, Jasmine Riggins, Siobhan Reilly, Roger Allam, Daniel Portman, David Goodall, John Joe Hay, Finlay Harris, Barrie Hunter, Lorne MacFadyen

Recensione a cura di Mimmot

C'è una bevanda che racchiude in sé storia e leggenda, per la quale si sono fatte guerre e scritti trattati, il cui mistero inizia fin dal nome (whisky o whiskey?) e una parte è destinata ad inebriare gli angeli.
È quella frazione di distillato che evapora dalle botti durante la decantazione e l'invecchiamento (circa il 2% annuo) e che molto poeticamente viene definita "la parte degli angeli" (the angel's share). Gli scozzesi, fieri ammiratori di questa bevanda, vogliono credere che questa piccola, ma preziosa parte che svanisce nell'aria, arrivi fino in cielo e sia appannaggio delle creature celesti, che come ricompensa contribuiscono a creare un prodotto unico e inimitabile per qualità e prestigio. Solo che in questo caso gli angeli non hanno le ali ma una fedina penale piuttosto sporca e non si chiamano Gabriele o Raffaele, ma Robbie, Rhino, Albert e Mo.

Sono un quartetto (tre ragazzi e una ragazza) di giovani borderline del sottoproletariato di Glasgow, tutti con un passato di grandi e piccoli drammi e con precedenti penali sulle spalle. Incrociano le loro strade in un centro di recupero per crimini minori, dove li ha spediti la corte di giustizia come pena alternativa alla detenzione.
Robbie, in particolare, un ragazzo con un'infanzia traumatica alle spalle e una rabbia feroce difficile da gestire, ma tanto diverso dai soliti bulli di quartiere, vi è arrivato per aver pestato selvaggiamente, durante una rissa, un coetaneo che da tempo lo perseguitava. Quando si ritrova dinnanzi al giudice che lo deve giudicare, Robbie è convinto di essere in procinto di tornare in prigione, dalla quale è appena uscito. Ma la presenza della sua giovane compagna incinta di otto mesi e la speranza che l'imminente paternità lo convinca a cambiare strada, inducono il giudice ad essere clemente con il ragazzo e concedergli un'altra chance, evitandogli la prigione che gli impedirebbe di crescere suo figlio.

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venerdì 14 dicembre 2012

Recensione THE ICEMAN

Recensione the iceman




Regia di Ariel Vromen con James Franco, Chris Evans, Winona Ryder, Michael Shannon, David Schwimmer, Stephen Dorff, Ray Liotta, Erin Cummings, Robert Davi, Christa Campbell, Lindsay Clift, McKaley Miller, Garrett Kruithof

Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,0)

"Guardo e vivo con me stesso ogni giorno"
Charles Manson

L'attrazione morbosa della gente comune per gli assassini efferati deriva molto probabilmente dall'Iconoclastia di certi efferati delitti. E' una forma distruttiva e al tempo stesso onnipotente di rimozione umana, che assume i connotati di una disperazione impossibile, o del degrado inviolabile della pietà. Non è forse meno ardita del traguardo di un campione olimpionico, o meglio ancora di un appassionato di sport estremi, per quanto votata al nichilismo assoluto della devianza psichica, o del disprezzo artificiale verso ogni forma di vita. Sul trionfo della follia rispetto alla ragione fior di letterati e musicisti hanno sprecato fiumi d'inchiostro e di note, a condividere con la loro personale forma d'Arte quella Paura ancestrale alla quale l'uomo fa riferimento, quella che nega l'esorcizzazione e anzi si espande alla ricerca perpetua del male. L'hanno cantato gli Slayer, Nick Cave con le sue Murder Ballads, Ozzy Osbourne, Diamanda Galas, i Talking Heads e molti altri. La truculenza iconografica del dark o del black metal nordico ha aggiunto nuove inquietudini in questo senso.

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giovedì 13 dicembre 2012

Recensione IL CECCHINO

Recensione il cecchino




Regia di Michele Placido con Mathieu Kassovitz, Daniel Auteuil, Olivier Gourmet, Violante Placido, Luca Argentero

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 5,0)

E' doloroso dare un giudizio negativo su di un film, quando ha una confezione splendida. "Il cecchino" di Michele Placido è un sentito omaggio a un genere, il polar francese, messo in scena favolosamente. Resta impressa la fotografia fredda, plumbea di Arnaldo Catinari, che esplora l'intera gamma cromatica del blu, e succhia l'anima a una Parigi trasformata in una respingente superficie di acciaio, asfalto e pietra levigata. Le scene d'azione sono girate in maniera adrenalinica, con un montaggio serrato in cui confluiscono armonicamente tanto le panoramiche sui tetti quanto i primissimi piani sui volti concitati, sul sangue e sul sudore.
Dirigere bene è il minimo, forse, se si ha alle spalle una produzione importante. Tuttavia ne "Il cecchino" ("Le gutteur", nel titolo originale) Michele Placido si avvale con efficacia del comparto tecnico dimostrando di avere stile. Conferma, dopo "Romanzo criminale" (2005) e dopo il forse anche migliore "Vallanzasca" (2010), di saper parlare benissimo il linguaggio del genere gangster.
I due precedenti erano entrambi "romanzi", molto connotati in senso melodrammatico, e in questo senso dovevano tanto a Scorsese, e (insieme a Scorsese) risentivano di una tradizione che ha, nel proprio dna, qualcosa di italiano, che attinge a opera lirica e commedia dell'arte. L'essenza stilistica de "Il cecchino" è invece ben calata, appunto, nel polar francese, e perciò quasi completamente asciugata di ogni componente romantica, come di eccessive indulgenze sul privato dei personaggi. Senza scomodare i mostri sacri del polar, "Il cecchino" ha quanto meno un occhio di riguardo per Olivier Marchal ("36 Quai des Orfèvres", 2004; "L'ultima missione", 2008 - entrambi con Daniel Auteuil, protagonista anche de "Il cecchino").

Il problema del film di Placido, film su commissione, sta nello script di Cédric Melon e Denis Brusseaux. Nelle dinamiche fra i personaggi, nell'interazione fra esse e negli sviluppi. Il difetto non è da poco, perché l'anello debole della pellicola è niente meno che la trama, dal cui intricato intreccio non scaturisce un senso che sia convincente quanto lo stile.
I tre personaggi principali sono accomunati dalla profonda solitudine di ognuno - un cliché un po' abusato nel genere - e interpretati alla grande dai rispettivi interpreti, tutti grossi calibri del cinema francofono: Daniel Auteuil, Olivier Gourmet, Mathieu Kassovitz.
Il poliziotto interpretato da Auteuil è il più convincente. La sua psicologia è la più approfondita; progressivamente si chiarisce il secondo movente delle sue azioni, sin dall'inizio non proprio ortodosse, che hanno radici in un dolore, un'ossessione, in cui risiede la fragilità umana di un personaggio apparentemente irreprensibile.
Il cecchino interpretato da Kassovitz è il deuteragonista (a dispetto del titolo): il classico nemico del poliziotto in una sfida personale che va al di là del bene e del male (il rapporto fra i due vorrebbe echeggiare probabilmente quello fra De Niro e Al Pacino in "Heat - La sfida" di Michael Mann). Tuttavia il personaggio di Kassovitz resta parzialmente inespresso e troppo ambiguo. Privo dell'approfondimento che pretenderebbe di avere. Non ne giova, il film: né in termini di comprensibilità - la pellicola è involuta sino all'eccesso, squilibrata - né, soprattutto, in termini di spessore dell'opera.
Al terzo incomodo - il medico interpretato da un bravissimo, smagrito Gourmet (attore feticcio dei Dardenne) - è affidato il carico più pesante: quello di assumere su di sé l'abominio di un male assoluto, patologico e spaventoso. Anch'esso resta, come il personaggio di Kassovitz, non spiegato ma solo accennato (non bastano a chiarircelo alcune scene di grande crudezza; né esiste male tanto grande da non poter essere compreso).

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mercoledì 12 dicembre 2012

Recensione TWIXT

Recensione twixt




Regia di Francis Ford Coppola con Val Kilmer, Bruce Dern, Ben Chaplin, Elle Fanning, Joanne Whalley

Recensione a cura di HollywoodUndead (voto: 6,0)

Il ritorno al ghotic horror di un grande maestro, dopo il capolavoro "Dracula di Bram Stoker": ecco che Francis Ford Coppola gira "Twixt" un film pieno di libertà di espressione, pieno di citazioni colte, e purtroppo anche pieno di banalità.

"Twixt" è un flop?

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martedì 11 dicembre 2012

Recensione LA SCOPERTA DELL'ALBA

Recensione la scoperta dell'alba




Regia di Susanna Nicchiarelli con Margherita Buy, Sergio Rubini, Lina Sastri, Susanna Nicchiarelli, Gabriele Spinelli, Lino Guanciale, Renato Carpentieri, Sara Fabiano, Anita Cappucci Scudery

Recensione a cura di JackR

Un mediocre racconto di Walter Veltroni. Un varco spazio-temporale in un film italiano. Margherita Buy in un insolito ruolo da donna risoluta e femminile. Un momento storico certamente poco felice per il cinema italiano. Le premesse per il disastro c'erano tutte. Va quindi dato atto a Susanna Nicchiarelli di aver confezionato un film interessante, che se non altro ci mostra una Margherita Buy finalmente libera dal cliché della donna insicura sull'orlo della crisi di nervi e convincente in una parte insolita e difficile.

1981: Il professor Mario Tessandori viene freddato dai brigatisti nel cortile dell'Università dove lavora, davanti agli occhi dell'amico e collega Lucio Astengo. Il professor Astengo viene eletto preside al posto di Tessandori ma scompare nel nulla pochi giorni dopo, segnando per sempre la vita delle figlie Caterina e Barbara.
2011: Caterina (Margherita Buy) e Barbara (Susanna Nicchiarelli) hanno un complicato ed irrisolto rapporto da gestire in due vite che non si sono pienamente realizzate, quando il passato torna a far loro visita in maniera inattesa: il telefono della casa al mare, abbandonata da anni, è in grado di comunicare con il 1981, a pochi giorni dall'evento centrale della vita della famiglia Astengo. Potrà Caterina cambiare il passato, o almeno svelare il mistero della scomparsa del padre parlando con se stessa bambina al telefono?

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lunedì 10 dicembre 2012

Recensione AMOUR

Recensione amour




Regia di Michael Haneke con Isabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Rita Blanco, Laurent Capelluto

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 10,0)

"Bisognerebbe sforzarsi di essere felici, anche solo per dare l'esempio"
Jacques Prévert
(citazione di Trintignant nel ritirare il premio per la miglior interpretazione a Cannes 2012)

L'inafferrabilità dell'amore.
La negazione - crudele, paradossale - di vivere l'amore con felicità, nel momento in cui diventa più genuino, più radicale. Più esclusivo.
"Amour" è un film quasi insostenibile.

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venerdì 7 dicembre 2012

Recensione LES AMANTS REGULIERS

Recensione les amants reguliers




Regia di Philippe Garrel con Louis Garrel, Clotilde Hesme, Julien Lucas, François Toumarkine

Recensione a cura di Mimmot

Maggio '68 è il nome con cui si indicano i fatti accaduti nella primavera del 1968, più o meno in tutto il mondo.
Tutto ebbe inizio nel '64 negli Stati Uniti, quando gli studenti occuparono l'Università di Berkley, in California - vedi la recensione di Fragole e sangue - per protestare contro la guerra in Vietnam e la segregazione razziale, ma l'esplosione del fenomeno si ebbe in Francia - Maggio Francese- quando si susseguirono una serie di manifestazioni studentesche (che spesso agivano di concerto con gli operai) di contestazione alla riforma scolastica (riforma Fouchet) che prevedeva una forte riduzione degli studenti universitari, con apposite, durissime selezioni, in modo da indirizzare la "rimanenza" verso lavori manuali e strettamente subordinati. Le manifestazioni (che trovarono inermi il PCF e il sindacato), che intanto si erano estese in tutta la Francia e poi un po' in tutto il mondo, sfociarono in violenti disordini e scontri con le forze dell'ordine.
A questo punto Charles De Gaulle, "il padre della patria", sciolse il parlamento, andò in TV, lanciò un appello alla nazione e indisse nuove elezioni che furono fatali per la "gauche", segnando la fine del "Maggio Francese" e il trionfo della reazione istituzionale.

Il regista francese Philippe Garrel, in questa struggente, disincantata e fascinosa opera, in cui si rincorrono lo slancio, l'ingenuità, la dolce follia dell'epoca, fa il ritratto di una generazione di ventenni che credettero di fare la rivoluzione e invece sbagliarono tutto, ma che, nonostante tutto, impararono ad amare i piccoli e grandi rivolgimenti che si svolgevano fuori e dentro di loro.
Sono ricordi dell'anima quelli che Garrel ci descrive del periodo della contestazione, colmi di considerazioni, comportamenti, dialoghi, atteggiamenti non storicizzati, affermazioni di principio.
I complotti, le utopie, i discorsi politici, ci restituiscono l'atmosfera di quel tempo e sono colti nella loro immediatezza, senza essere ancora forzati dall'utopia dell'assemblearismo.

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giovedì 6 dicembre 2012

Recensione IL GRIDO

Recensione il grido




Regia di Michelangelo Antonioni con Gabriella Pallotta, Dorian Gray, Betsy Blair, Alida Valli, Steve Cochran

Recensione a cura di atticus (voto: 8,0)

Punto d'arrivo nella filmografia del regista e, al contempo, imprescindibile fonte di sviluppo per temi che verranno, "Il grido" (1957) di Michelangelo Antonioni rappresenta una sintesi pressoché perfetta degli esordi documentaristici con le future divagazioni sull'uomo disperso in una società alienante.

Poco amato in patria all'epoca, nonostante il Gran Premio della critica al X Festival di Locarno, ma acclamato all'estero (specie in Francia), il film segna una svolta verso le precedenti opere dell'autore ferrarese, portando a compimento un pensiero di inedito pessimismo nei confronti di una realtà umile ma ugualmente spietata.

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mercoledì 5 dicembre 2012

Recensione ROSSO SANGUE

Recensione rosso sangue




Regia di Leos Carax con Michel Piccoli, Juliette Binoche, Denis Lavant, Julie Delpy

Recensione a cura di Fiaba (voto: 9,0)

Cantore notturno di 'anime salve', di amori borderline compressati nella follia, nell'(auto)distruttivismo di una grammatica slegata dalla logica costituzionalizzata, Leos Carax fonde l'inquietudine dei tratti e delle tonalità del suo cinema a racconti quasi favolistici, a impressioni di vita, e - di nuovo, come sempre - ad un amour fou involuto nelle periferie del dolore e dell'assenza, alla miseria della società che si scontra con il più alto dei sentimenti - astratto e tangibile, materico, carnale. Vedere (e sentire) il capolavoro "Gli amanti del Pont Neuf" per creder-ci. E, prima ancora, questo "Rosso sangue".

Siamo in un film di Leos Carax; siamo in contatto coi fantasmi, siamo a colloquio con le ombre, siamo in un universo percettivo dove la storia è solo un riflesso inconscio, torrenziale, intradiegetico. Dove contano solo alcuni, spuri elementi. E dunque, abbiamo: una banda di malviventi; un ragazzo dall'approccio ai limiti dell'autismo arruolato nella suddetta gang; una storia d'amore dall'armonia bucolica e intermittente, prima, un'altra che è visione notturna afasica e irrequieta, poi. Dei personaggi immersi in un'ambientazione apocalittico-metaforico-metamorfica: si lotta per fermare una malattia estrema, che fa sì che l'unione carnale privata del sentimento provochi la proliferazione della morte. Un po' come punire chi gira senza sentir scorrere il film nelle vene, come chi guarda senza sentir esondare la celluloide nel sangue.

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martedì 4 dicembre 2012

Recensione L'AMORE E' IMPERFETTO

Recensione l'amore e' imperfetto




Regia di Francesca Muci con Anna Foglietta, Giulio Berruti, Camilla Filippi, Bruno Wolkowitch, Lorena Cacciatore

Recensione a cura di peucezia

Tratto dal romanzo omonimo di Francesca Muci e opera prima cinematografica della medesima autrice, il film ruota intorno ad un assioma banale: non esiste l'Amore assoluto, ma esistono gli amori che prescindono da ogni romantica fantasticheria. A questa conclusione giunge la protagonista della storia, la trentacinquenne Elena, una donna nevrotica e spigolosa, tutta presa dalla sua solitudine e dal suo sia pur appagante lavoro.
Un incidente la porrà davanti a due incontri: quello con una diciottenne petulante, invadente, trasgressiva e altrettanto sola e la contemporanea conoscenza con un francese ormai maturo, brizzolato, glaciale, fermo e apparentemente paziente. Insieme a loro Elena sperimenterà sensazioni e situazioni fino ad allora impensate e finalmente saprà rimarginare la ferita di una storia passata e dolorosa.

In bilico continuo tra passato e presente, con uso di flashback non sempre di immediata comprensione, il film è girato dall'esordiente regista con compìta sicurezza, anche se in maniera estremamente didattica: abbondano i primi piani, i passaggi tra una scena e l'altra risultano a volte troppo rapidi e (ma questo dovrebbe essere sicuramente voluto) c'è un indulgere eccessivo su alcuni momenti ambiguamente tentennanti tra sensualità e voyeurismo.

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lunedì 3 dicembre 2012

Recensione DRACULA 3D

Recensione dracula 3d




Regia di Dario Argento con Thomas Kretschmann, Asia Argento, Marta Gastini, Rutger Hauer, Unax Ugalde, Miriam Giovanelli, Giovanni Franzoni, Maria Cristina Heller, Augusto Zucchi, Giuseppe Lo Console, Francesco Rossini, Christian Burruano

Recensione a cura di marcoscafu

C'era una volta ...

C'era una volta Dario Argento, un giovane regista che agli inizi degli anni '70 portò all'attenzione del cinema italiano un genere fino a quel momento sottovalutato: il thriller. Eppure Mario Bava prima e Lucio Fulci poi, avevano già provato quella strada. Ma in Italia la facevano da padroni i cowboy di Sergio Leone (col quale firmò la sceneggiatura di "C'era una volta il West" insieme a Bernardo Bertolucci) e gli spaghetti-western, che ottenevano consensi anche fuori dallo stivale. Dunque, perché cambiare?

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