venerdì 31 gennaio 2014

Recensione THE COUNSELOR - IL PROCURATORE

Recensione the counselor - il procuratore




Regia di Ridley Scott con Michael Fassbender, Brad Pitt, Cameron Diaz, Penélope Cruz, Javier Bardem, Dean Norris, Natalie Dormer, Rosie Perez, Goran Visnjic, Sam Spruell, Ruben Blades, Bruno Ganz

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 8,0)

"The counselor - Il procuratore" è ambientato lungo il border fra U.S.A. e Messico: lungo quel meridiano di sangue dove oggi, il sangue, bagna le piste del narcotraffico. Un rampante procuratore (Michael Fassbender), uomo comune senza nome, innamorato della sua fidanzata (Penelope Cruz), si lascia tentare dal facile guadagno legato ad una partita di cocaina del valore di 20 milioni di dollari. L'affare proviene da un suo cliente, Reiner (Javier Bardem), affiliato di un cartello messicano insieme a Westray (Brad Pitt).

Il procuratore viene ripetutamente avvisato dei rischi in cui incorrerà: nel caso qualcosa andasse storto, le conseguenze saranno tremende.

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giovedì 30 gennaio 2014

Recensione COSE NOSTRE - MALAVITA

Recensione cose nostre - malavita




Regia di Luc Besson con Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Tommy Lee Jones, Dianna Agron, Jon Freda, Dominic Chianese, Domenick Lombardozzi, David Belle, Vincent Pastore, Joseph Perrino, Paul Borghese

Recensione a cura di peucezia

E' difficile dare una definizione all'ultima fatica del regista francese Luc Besson. Per certi aspetti il film afferisce sicuramente alla categoria della commedia ma per altri vira sul dark con qualche lieve concessione vagamente splatter o perlomeno simil tarantiniana.

Ennesimo ruolo da gangster italo-americano per un Robert De Niro in ottima forma malgrado i settanta annetti sul groppone. Stavolta però De Niro, che ha dimostrato già da più di un decennio di avere una buona verve comica, è un boss in pensione che, insieme alla sua originale famiglia, partecipa al programma di protezione previsto per i collaboratori di giustizia e si trova in un paesello francese dipinto ironicamente da Besson con tinte e le sfumature decisamente stereotipate, sulla vena sciovinista della popolazione e su quell'odio-amore verso gli yankee maturato probabilmente dopo il grande sbarco del '44.

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martedì 28 gennaio 2014

Recensione THE WOLF OF WALL STREET

Recensione the wolf of wall street




Regia di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Jon Bernthal, Margot Robbie, Jean Dujardin, Justin Wheelon, Kyle Chandler, Rob Reiner, P.J. Byrne, Jon Favreau, Matthew McConaughey

Recensione a cura di elio91 (voto: 9,0)

"In me non albergava alcun sentimento chiaro e definito. Provavo solo, a fasi alterne, una smodata avidità e un totale disgusto. Avevo tutte le caratteristiche di un essere umano -carne, ossa, sangue, pelle, capelli- ma la mia spersonalizzazione era tanto intensa, era penetrata così in profondo, che non esisteva più in me la normale capacità di provare compassione. Questa era stata sradicata, cancellata del tutto. Io stavo semplicemente imitando la realtà; avevo una vaga somiglianza con un essere umano; solo un'area limitata del mio cervello funzionava ancora. Qualcosa di orribile stava accadendo, ma non riuscivo a capirne il motivo; non riuscivo neppure a capire di che cosa effettivamente si trattasse. L'unica cosa che avesse il potere di calmarmi era il tintinnio dei cubetti di ghiaccio dentro un bicchiere di whisky".
Bret Easton Ellis, da "American Psycho"

Citazione pertinente, quella del romanzo epocale di Ellis, che prima di rincoglionirsi con sparate sensazionalistiche e misogine fu realmente capace di descrivere il fenomeno degli yuppie con quella meraviglia di romanzo sconvolgente che è "American Psycho": violentissimo, allucinante, dettagliato fino all'estremo e provocatorio, Ellis colse in anticipo il senso profondo che albergava nel mondo dell'alta finanza e negli uomini con completi eleganti e attici lussuosi, e senza filtro alcuno lo sbatté in faccia ai lettori con una storia difficilmente comprensibile, con un protagonista forse serial killer, forse no, che vertiginosamente descrive i suoi vestiti, i nomi dei ristoranti alla moda, il modo in cui fa sesso con delle donne, il modo in cui le uccide o tortura. Tutto come se fosse stato normale, una vita come tante lontana dalle leggi degli uomini.
Oggi è arrivato Martin Scorsese a ricordarci che quegli uomini lontani dalle leggi non erano solo i Patrick Bateman ricalcati su facce esistenti, ma esistono davvero. Questo è "The Wolf of Wall Street".

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lunedì 27 gennaio 2014

Recensione TROPPO BELLI

Recensione troppo belli




Regia di Ugo Fabrizio Giordani con Costantino Vitagliano, Daniele Interrante, Alessandra Pierelli, Fanny Cadeo, Ernesto Mahieux, Anna Melato

Recensione a cura di carsit (voto: 1,0)

E' ormai noto da tempo che l'Italia, dal punto di vista cinematografico, non riesce più ad offrire la stessa qualità che proponeva 20-30 anni fa. Questo non vuol dire che non ci sia nessun regista talentuoso e nessun attore interessante, ma purtroppo la concorrenza a livello mondiale è diventata spietata e mette a nudo tutti i difetti e tutte le lacune dei nostri film.
L'Italia poi non vanta una protezione mediatica come quella dell'America, che può permettersi di sfornare film discreti (se non mediocri) con la solida sicurezza che a livello mondiale gli incassi saranno (quasi) sempre soddisfacenti.

"Troppo belli" di Giordani è un film che è stato proiettato nei cinema italiani nel 2005, Costantino Vitagliano e Daniele Interrante sono i protagonisti e interpretano due ragazzi abbastanza semplici che conducono una vita modesta, fatta di lavori poco gratificanti e di storie d'amore che sfociano nel nulla.
Entrambi, ma soprattutto Daniele, desiderano un'altra vita, ambiscono ad obiettivi che per il momento paiono irraggiungibili. L'occasione si presenta quando Valeria (modella-attrice) presenta i due ragazzi ad un falso agente di spettacolo che promette loro fama e notorietà a prezzi però abbastanza onerosi. L'ingenuità dei ragazzi si traduce in un prolungamento nel tempo della frode, ma la segretaria del falso agente (sua figlia Michela) è combattuta interiormente, anche per via del fatto che segretamente ama Costantino.

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giovedì 23 gennaio 2014

Recensione DISCONNECT

Recensione disconnect




Regia di Henry Alex Rubin con Jason Bateman, Hope Davis, Frank Grillo, Michael Nyqvist, Paula Patton, Andrea Riseborough, Alexander Skarsgård, Max Thieriot, Jonah Bobo, Colin Ford, Haley Ramm, Kasi Lemmons

Recensione a cura di Zazzauser (voto: 6,5)

Henry Alex Rubin, classe 1976, è un cineasta americano emergente, che proviene dal mondo dell'aiuto-regia e del documentario.
Con un piccolo sforzo di memoria, non ci vuole molto infatti a ricordarlo alla co-direzione - con Dana Adam Shapiro - di un ottimo docu-film come "Murderball", la storia di due squadre di rugby per disabili che gli valse nel 2005 anche la nomination all'Oscar.

"Disconnect" è quindi la sua vera opera prima. Un debutto che non si può non considerare un successo di critica e di pubblico, considerati i grandi consensi suscitati sin dalla sua presentazione nel 2012 ai Festival del Cinema di Toronto e di Venezia.

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mercoledì 22 gennaio 2014

Recensione FROZEN - IL REGNO DI GHIACCIO

Recensione frozen - il regno di ghiaccio




Regia di Chris Buck, Jennifer Lee con Serena Rossi, Serena Autieri, Enrico Brignano, Kristen Bell, Idina Menzel, Ciarán Hinds, Massimo Lopez

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 4,5)

Signore e signori, buonasera! Anche quest'anno, come da tradizione, la Disney è lieta di offrirvi lo spettacolo di Natale per grandi e piccini! Riderete, piangerete e vi innamorerete con il nuovo, imperdibile classico "Frozen - Il regno di ghiaccio"! E per l'occasione avrete non una, ma ben due principesse da aggiungere alla vostra collezione di bamboline! Accorrete, mamme e papà, portate i vostri bimbi a godersi uno spettacolo che si preannuncia indimenticabile!

Questi sono - più o meno - i toni del battage pubblicitario che ha accompagnato l'uscita dell'ultimo classico Disney al cinema. Toni entusiastici che si ripetono ormai stancamente anno dopo anno. Solo che da ormai parecchio tempo (dai tempi di "Pocahontas", per lo più) a questi toni trionfalistici (ed al connaturato marketing selvaggio) non corrisponde la qualità che sarebbe lecito aspettarsi, salvo rarissime eccezioni. E dire che la Pixar aveva sparigliato le carte già da tempo, mostrando come il matrimonio tra qualità e successo al botteghino fosse non solo possibile, ma addirittura particolarmente fecondo. Ma andiamo per ordine.

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martedì 21 gennaio 2014

Recensione LA CONVERSAZIONE

Recensione la conversazione




Regia di Francis Ford Coppola con Gene Hackman, John Cazale, Allen Garfield, Frederic Forrest, Cindy Williams, Michael Higgins, Elizabeth MacRae, Teri Garr, Harrison Ford, Robert Shields, Robert Duvall

Recensione a cura di Zazzauser

"Non ho paura della morte. Ma ho paura dei morti."

Ha una forte aura profetica, "La Conversazione". Quando venne ideato il concept del film, nella seconda metà degli anni '60, nessuno poteva prevedere gli esiti sociali, politici ed etici dei fatti dello Scandalo Watergate.
Eppure il film esce proprio nel momento giusto. O in quello sbagliato?

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lunedì 20 gennaio 2014

Recensione GIOVANE E BELLA

Recensione giovane e bella




Regia di François Ozon con Marine Vacth, Géraldine Pailhas, Frédéric Pierrot, Charlotte Rampling, Johan Leysen, Fantin Ravat, Nathalie Richard, Laurent Delbecque

Recensione a cura di Mimmot

Cercare di definire o catalogare il cinema di François Ozon è impresa ardua ed estremamente complicata perché, fin dal suo esordio nel lontano 1998, quando debutta con il suo primo lungometraggio "Sitcom", il regista transalpino, oltre a porsi subito all'attenzione come uno dei più interessanti tra i nuovi autori del cinema francese, ha cercato sempre coerentemente di variare stile, registri e soggetti narrativi, pur rimanendo sempre il suo lavoro raffinato e personale.
Il suo cinema è sempre stato caratterizzato da storie e personaggi costantemente in bilico tra ambiguità e certezze, capace di spiazzare il pubblico con immagini e vicende che spesso sconfinano nel grottesco e nella trasgressione, ma sempre con gran gusto e senza intenti moralizzatori. Segno tangibile di autorialità e talento di un regista tra i più eclettici del cinema europeo.
Una conferma arriva dal recentissimo "Giovane e bella", il film che, senza addentrarsi troppo nella problematica della prostituzione minorile, indaga, con stimolate sensibilità, il mondo giovanile odierno nel contesto di un ambiente familiare disgregato e fallimentare, dall'alto della sua borghesia.

Protagonista è la bellissima adolescente Isabelle, in vacanza al mare con mamma, papà (in realtà è solo patrigno, in quanto secondo marito della madre) e fratellino minore, nell'estate del suo diciassettesimo compleanno.
É giovane, bella, ricca e viziata, il suo corpo sta sbocciando come donna; ma è ancora vergine. E allora la notte del suo compleanno decide di sbarazzarsi dell'ingombrante fardello in favore di un bel ragazzone tedesco, Felix, che le piace ma che le regala un rapporto frettoloso e insoddisfacente al punto che si ritrova a sdoppiarsi nella spettatrice di quell'evento e guardare con indifferenza quella ragazza lì, che è lei stessa, stesa sulla sabbia calda, che sta vivendo "il feticcio della prima volta", e la prima disillusione della vita adulta.
La scoperta dell'eros la lascia fredda e indifferente, ma al tempo stesso le fa acquisire la consapevolezza del potere che la sua bellezza e il fascino del suo corpo acerbo esercitano sugli uomini e sulle loro voglie di trasgressione.

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venerdì 17 gennaio 2014

Recensione PHILOMENA

Recensione philomena




Regia di Stephen Frears con Judi Dench, Steve Coogan, Sophie Kennedy Clark, Anna Maxwell Martin, Ruth McCabe, Barbara Jefford, Kate Fletwood, Peter Hermann, Mare Winningham, Michelle Fairley, Charlie Murphy, Simone Lahbib, Charles Edwards, Neve Gachev, Amy McAllister, Paris Arrowsmi

Recensione a cura di kowalsky (voto: 7,5)

Alter-ego cinematografico di Nick Hornby, impeccabile biografo non autorizzato di Sua Maestà la Regina d'Inghilterra, raffinato traduttore di illustri classici letterari, ma anche coraggioso e dissacrante artefice di opere spiazzanti e crudeli ("My Beautiful Laundrette", "Rischiose abitudini", "Piccoli affari sporchi") o di importanti successi internazionali prodotti a Hollywood (soprattutto "Eroe per caso", "Le relazioni pericolose"), l'inglese Stephen Frears ha nel corso della sua lunga carriera centrato spesso l'obiettivo, merito di un cinema che, per quanto ancorato a certi stilemi albionici - vedi la dettagliata ricostruzione di un paese in costante equilibrio tra vizio e virtù (il teatro) - ha attinto talvolta nella sperimentazione visiva.
Per certi versi il suo cinema è affine a quello dell'americano di origine ebraica Sidney Lumet, e non a caso egli è stato artefice di un remake televisivo del celebre "A prova di errore".
L'Inghilterra di Frears è stata a modo suo la celebrazione di una nazione culturalmente importante e incostante, dalle commedie di Noel Coward ai drammi di Shakespeare, dai produttori musicali à la Brian Epstein al Free-cinema, dal punk alle vicende politiche e monarchiche che l'hanno dominata anche di recente.

"Philomena", tratto dalla vera storia di Philomena Lee e Micheal Hass raccontata in un libro dal giornalista Martin Sixsmith, si impone da subito per la straordinaria sceneggiatura, come del resto è stato notato al recente Festival del cinema di Venezia, dove - per quanto accolto con favore da critica e pubblico - è stato in parte disertato dai premi maggiori della competizione.
Premiato, non senza riserve, con il Queer Lion, non è certamente un film che parla apertamente di omosessualità, ma della libertà di scelta e forse per questo il suo idealismo appare forzato, o fuori tempo. E' il tipico film che più accentua la distanza tra realtà e cinema, maggiormente colpisce per l'empatia che riesce a catturare negli spettatori.

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giovedì 16 gennaio 2014

Recensione CAPITAN HARLOCK

Recensione capitan harlock




Regia di Shinji Aramaki con Yû Aoi, Ayano Fukuda, Arata Furuta, Kiyoshi Kobayashi, Haruma Miura, Toshiyuki Morikawa, Shun Oguri

Recensione a cura di JackR

Gli esseri umani, dopo aver tentato di colonizzare lo spazio, hanno scatenato una guerra ("ComeHome") per il possesso del pianeta madre, ormai incapace di accogliere i miliardi di abitanti che desideravano farvi ritorno. L'accordo noto come "Gaia Sanction" ha posto fine alle ostilità decretando la Terra un posto sacro e inviolabile. All'esercito di Gaia si oppone fieramente da oltre un secolo Capitan Harlock, temuto pirata immortale, ricercato in tutto lo spazio. Yama si arruola sull'Arcadia, la nave fantasma di Capitan Harlock alimentata dalla misteriosa ed inesauribile Dark Matter, ma - proprio come Harlock - nasconde un terribile segreto...

Di Capitan Harlock esistono diverse versioni. La prassi, nel Leijiverse, è che ogni volta la storia venga raccontata in modo diverso, e che a rimanere costante sia ciò che i personaggi rappresentano. Questa versione tridimensionale riprende elementi dalle precedenti incarnazioni, citandole e omaggiandole con garbo, per raccontare una storia diversa - che però non convince del tutto. Ci sono due problemi di fondo: il primo, la tendenza dei lungometraggi giapponesi a perdere progressivamente di coerenza narrativa e privilegiare la ricerca della poetica al rispetto della logica interna, contravvenendo soprattutto alla prassi di non introdurre nuovi elementi nella trama nell'atto finale, che poi si allunga eccessivamente (vedi anche: Il castello errante di Howl, Kyashan, Akira, Steamboy...). Pretendere uno svelamento e una conclusione chiara significa non conoscere l'attitudine dell'animazione nipponica e - obiettivamente - è un problema non completamente imputabile al film, sebbene l'effetto di questo modus operandi sia un insieme di punti oscuri o elementi che risultano forzati e inesplicabili. Senza stilare un elenco, che sarebbe lunghissimo  e inopportuno, valga come esempio il fatto che il finale stesso sia basato con uno strano deus ex machina che lascia una sensazione di totale incompiutezza. D'altra parte, lo stesso Leiji Matsumoto è famoso per non aver mai curato molto l'aspetto della coerenza delle sue opere, privilegiando l'evocatività e la poetica.

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mercoledì 15 gennaio 2014

Recensione DALLAS BUYERS CLUB

Recensione dallas buyers club




Regia di Jean-Marc Vallée con Jared Leto, Matthew McConaughey, Jennifer Garner, Dallas Roberts, Steve Zahn

Recensione a cura di JackR

La vita di Ron Woodroof, blue-collar dedito ad alcool, droghe e sesso non protetto, viene sconvolta dalla diagnosi di AIDS e un'aspettativa di vita di trenta giorni. La battaglia per la sopravvivenza diventa una lotta contro le autorità quando Ron sceglie di aggirare le leggi federali e procurare per sé e altri alcuni medicinali non approvati ma dalla comprovata efficacia nel trattamento dell'AIDS.

"Dallas Buyers Club" poteva essere un film come tanti. Un episodio di cronaca recente drammatizzato con un sapiente lavoro di cesello di sceneggiatura e nobilitato da una performance strappalacrime. Di fronte a film come questo, sono lecite (e prevedibili) tutte le reazioni: sdegno per il contesto (il sistema sanitario americano che specula sui malati di AIDS), commozione per la componente melodrammatica, ammirazione per la prova d'attore, indifferenza per l'ennesimo falso storico confezionato ad arte e tramandato ai posteri come versione ufficiale di una storia dimenticata da molti.

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martedì 14 gennaio 2014

Recensione PASSANNANTE

Recensione passannante




Regia di Sergio Colabona con Fabio Troiano, Ulderico Pesce, Andrea Satta, Alberto Gimignani, Bebo Storti, Massimo Olcese, Niki Giustini, Andrea Buscemi, Roberto Citran, Ninni Bruschetta, Luca Lionello, Andrea Lolli

Recensione a cura di peucezia

Passannante? Chi era costui? E' proprio per risolvere l'interrogativo che un qualsivoglia uomo moderno involontario emulo di don Abbondio, ma soprattutto per rivalutarne la figura ingiustamente infangata e poi fatta cadere nell'oblio, che un gruppo di volenterosi capeggiati dal regista Sergio Colabona e guidati dall'attore di teatro Ulderico Pesce, che su Passannante ha scritto e portato avanti un monologo: "L'innaffiatore del cervello", hanno realizzato una pellicola sicuramente minore ma non meno valida di altri film destinati al sicuro successo al botteghino.

Cuoco lucano, scarsamente alfabetizzato, Passannante attentò al re Umberto I durante una visita ufficiale a Napoli con l'ausilio di un coltellino e ovviamente catturato immediatamente patì atroci torture per una colpa minima.
Rinchiuso in un carcere indegno e successivamente trasferito in un manicomio criminale quando era ormai una larva, il povero Giovanni Passannante subì l'estrema onta anche da defunto, quando il suo cervello fu espiantato e consegnato al Museo di Criminologia di Roma dove per anni è rimasto etichettato come "criminale abituale Pz" a sottolineare l'idea del Lombroso che catalogava i meridionali come delinquenti congeniti in virtù di studi antropologici del tutto fini a se stessi.

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lunedì 13 gennaio 2014

Recensione ON THE ROAD

Recensione on the road




Regia di Walter Salles con Sam Riley, Garrett Hedlund, Kristen Stewart, Kirsten Dunst, Viggo Mortensen, Amy Adams, Tom Sturridge, Danny Morgan, Alice Braga, Marie Ginette Guay, Elisabeth Moss

Recensione a cura di Mimmot

Pubblicato nel 1957, sei anni dopo la sua stesura, il romanzo "On the road" di Jack Kerouac divenne in breve un libro di culto, capace di definire, e in qualche modo anche di formare, uno stile di vita e di pensiero in molti giovani dell'epoca. La Beat Generation ne fece la sua bibbia traendo da esso e dalla biografia del suo autore i tratti salienti e universali dei propri ideali, delle proprie speranze, delle proprie estasi e anche delle proprie disperazioni. Il disagio nevrotico di quei giovani, di cui il romanzo si fa interprete, poggiava sulle mille contraddizioni che percorrevano la società americana postbellica, in un'America alle prese con la Guerra Fredda, la lotta al comunismo e la repressione. Un'America per lo più intollerante, classista e razzista.
Il senso di disagio che stringeva le coscienze di quei giovani spesso si tramutava in rifiuto totale della società del loro tempo, al punto che molti sceglievano di isolarsi da tutti e da tutto, racchiudendosi in un mondo elitario ed esclusivo. L'ineludibile bisogno di ribellarsi conviveva con la fuga, il viaggio, il nomadismo, la ricerca ossessiva dell'autenticità e dell'appartenenza. La strada, il sacco a pelo, lo zaino in spalla e un taccuino su cui scrivere erano i veri simboli di quei ragazzi. Tutti vivevano di pochi spiccioli e di ideali visionari, l'hashish e la marijuana erano esperienze a cui la Beat Generation non si sottraeva; i suoi rappresentanti si nutrivano di controcultura, nel mentre si stordivano di alcool, droghe e sesso, e per anni hanno influenzato la musica, l'arte e la letteratura.

"Sulla strada", scritto come testimonianza di un'esperienza vissuta, riesce a produrre sui cultori del libro un effetto di forte identificazione, che non si attenua malgrado il trascorrere del tempo e il mutare delle cose e delle circostanze, e ad instillare nelle loro menti una voglia matta di muoversi e viaggiare senza mai fermarsi a pensare, e il desiderio di vivere tutto in un solo istante, senza paura di bruciare, oltre le convenzioni, oltre i limiti assegnatigli dalla società. Una voglia matta di partire verso l'ignoto, verso posti che non si sono mai visto, meglio, che non si sapevano nemmeno che esistessero, perdendosi nel mondo e nell'inquietudine di cercare se stessi. Una voglia matta di andare senza fine, affinché cancelli l'ombra della noia, prima che tutto finisca, come dice Kerouac, nel "desolato stillicidio del diventare vecchi".
Quelle pagine che si leggono quando si è giovani per cercare la libertà e quando si è adulti per ripensare ai sogni, che ci fecero contare i giorni che mancavano alla maggiore età, che ci fecero comprendere lo spirito autentico dell'America, prima ancora di conoscerla, che ci fecero salire in macchina con Sal e Dean e correre con loro lungo le strade infinite dell'America.
Quelle pagine ora sono diventate un film diretto da Walter Salles, il regista che ci aveva già fatto provare, con "I diari della motocicletta" - lungometraggio che traspone sul grande schermo il viaggio intrapreso, in sella a una sgangherata Norton 500, dal giovane Ernesto Guevara e dal suo amico Alberto Granado, alla scoperta del continente latinoamericano - l'ebbrezza e la forza rigeneratrice del viaggio alla ricerca di se stessi e del senso compiuto dell'andare, perdendosi nel mondo, e cambiare, cambiando il modo di vivere la vita.

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