Recensione la seconda notte di nozze
Recensione a cura di GiorgioVillosio
Il regista bolognese ci propone da anni una serie di narrative molto dense, a spettro intero sulla nostra esistenza e sui casi dell'umano; un po' come nei romanzi ottocenteschi, in cui la materia trattata non verte solo su sfumature rarefatte e cerebrali, come nel cinema francese, né tanto meno su vicende forzate e paradossali come in quello d'oltre oceano, ma con sano realismo sui temi reali e pragmatici del nostro vivere. Emergono così i "fondamentali" dell'umano, come l'amicizia, l'amore, le vocazioni professionali e certi rapporti parentali, visti sempre in una chiave poetica dolente e realistica; non quella romantica e sdolcinata di un compiaciuto sentimentalismo, ma quella coscientemente malinconica di chi, percependo la fatalistica casualità della condizione umana, ne desume una coscienza vigile e mesta, snocciolando il racconto sul filo della memoria.
Non a caso "La seconda notte di nozze" è ambientato nell'Italia del primo dopoguerra, di cui ripropone gli aspetti più meschini, psicologici ed economici, in luoghi ed ambienti quasi surreali, per captare la difficile e sofferta atmosfera del tempo. Come peraltro si rileva anche nella descrizione di certi personaggi di contorno, come l'attore fallito e la sua compagnia di guitti che, con la loro carovana mobile, ricordano i modi degli Amarcord felliniani.
Ma questi elementi costituiscono solamente il contesto "ambientale e scenografico" del film, che tocca invece corde più profonde, fuori del tempo e dalle contingenze, come in una fiaba psicanalitica, dove i personaggi e le loro vicende assumono profili chiaramente simbolici.
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