Recensione vita da strega
Recensione a cura di peucezia
Seguendo la moda cinematografica del momento che vuole trasporre sul grande schermo vecchi e nuovi ?miti? televisivi (vedasi i casi di "Charlie?s Angels", "Starsky and Hutch" e forse a seguire "Dallas") anche Nora Ephron celebrata regista di commedie sentimentali gradite sia dal pubblico che dalla critica ("Harry ti presento Sally" prima tra tutte ma anche "C?è post@ per te" frizzante remake di un classico del cinema) si cimenta con "Vita da strega" (titolo originario "Bewitched") serie televisiva alquanto stupidotta con protagonista Elizabeth Montgomery, (figlia d?arte di Robert, attore assai popolare nei primi anni Cinquanta) che ha accompagnato gli americani per quasi dieci anni e che ha introdotto in maniera subliminale il woman power (infatti l?interprete femminile è una casalinga tutta torte e faccende domestiche, ma è soprattutto una strega tra l?altro molto intuitiva, ha una madre anch?ella strega e dominante mentre il protagonista maschile è piuttosto insipido e incolore).
Tuttavia la strada scelta dalla Ephron non è quella del remake tout court, ma bensì è quella del metacinema cioè della storia nella storia. La cosa di per sé sembrerebbe essere interessante nonché sperimentale inoltre l?aver scelto di raccontare la storia di una vera strega (quindi se vogliamo leggere ?oltre? il copione si può considerare la strega come una persona ?diversa?) che non si accetta e che quindi vorrebbe essere come tutti gli altri potrebbe avere una valida giustificazione se si vuole fare un?analisi psicologica dell?intreccio, ma, volendo invece limitarsi a un?analisi della pellicola in sé, è d?uopo elencarne i vari difetti.
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