venerdì 16 luglio 2010

Recensione TWILIGHT SAGA: ECLIPSE

Recensione twilight saga: eclipse




Regia di David Slade con Kristen Stewart, Robert Pattinson, Taylor Lautner, Ashley Greene, Peter Facinelli, Elizabeth Reaser, Kellan Lutz

Recensione a cura di ele*noir (voto: 5,5)

Il terzo atto della storia d'amore tra un vampiro vecchio cento anni e una comune adolescente americana arriva nei cinema con l'ormai scontato clamore adolescenziale. Qualsiasi cosa apparirà sulla pellicola, qualsiasi scelta verrà messa in scena, il guadagno e la fiducia delle giovani fan sono garantiti. Questo è sicuramente un pessimo punto di partenza, che preclude sul nascere l'accuratezza e la precisione nella lavorazione, che esiste invece (in teoria) in un film dai botteghini non prevedibili.

Bella è ormai decisa a dare una svolta alla sua vita e alla relazione con Edward. Vuole che lui la trasformi in un vampiro dopo il diploma. Secondo questa volontà, inizia a vedere il suo abituale mondo con altri occhi, pensando di dover dire addio a tutto ciò che è umano. Jacob, a conoscenza di questa sua decisione, si ripromette di farle cambiare idea. Intanto a Seattle sparizioni e omicidi misteriosi fanno sospettare che dietro ci sia il piano di un vampiro, intento a formare un esercito di assetati neonati. Si tratta infatti di Victoria, la quale rivelerà all'ultimo il suo ruolo di manipolatrice di neonati, decisa a uccidere Bella senza che la forza e i poteri della famiglia Cullen possano fermarla. L'unica scelta appare essere quella di un'alleanza tra i Cullen e i licantropi, che rompono il loro patto di tregua per fronteggiare l'incombente nuova minaccia.
Intanto i Volturi osservano la situazione.

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Recensione CLERKS 2

Recensione clerks 2




Regia di Kevin Smith con Jeff Anderson, Brian O'Halloran, Rosario Dawson, Trevor Fehrman, Jason Mewes, Kevin Smith

Recensione a cura di FrancescoManca (voto: 7,0)

Sono passati dodici anni e cinque film da quando Kevin Smith presentò al Festival di Cannes il tanto acclamato "Clerks", la sua opera prima dietro (e davanti) la macchina da presa che lo impose come icona del cinema 'fancazzista' e fece conoscere al grande pubblico la sua indubbia capacità di creare personaggi stravaganti e incredibilmente carismatici.

Nel 2006, il regista originario del New Jersey torna di nuovo sulla Croisette del festival transalpino per presentare l'attesissimo seguito della sua pellicola d'esordio, interpretata da tutti i protagonisti del primo film con qualche addio e diverse new entry, su tutte: il colore.

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Recensione FROZEN RIVER - FIUME DI GHIACCIO

Recensione frozen river - fiume di ghiaccio




Regia di Courtney Hunt con Melissa Leo, Misty Upham, Charlie McDermott, Mark Boone Junior, Michael O'Keefe

Recensione a cura di Mimmot

Il frozen river del titolo è il St. Lawrence River, che per un lungo tratto del suo corso costituisce il confine tra lo stato di New York e il Quebec, cioè tra gli Stati Uniti e il Canada.
Il territorio attorno d'inverno diventa un luogo quasi inospitale, oltre ad essere squallido di per sè: stazioni di servizio malridotte, drugstore scalcinati, fatiscenti prefabbricati arrugginiti al posto delle case, dove la notte si gela per il freddo, vecchi cartelloni stradali, su cui la scolorita scritta bianca, "Land of Mohawk", ci indica che siamo in territorio moicano, una riserva indiana in mezzo ai boschi, a cavallo del confine tra il nord degli Stati Uniti e il sud del Canada. Una vasta area considerata dai nativi "terra moicana" e, dunque, senza confini e al di fuori della giurisdizione dei due Stati nord-americani.

In un vecchio e cadente prefabbricato del paese vicino alla riserva, vive con i due figli (un adolescente e l'altro poco più che fanciullo), Ray Eddy, una donna bianca, non più giovanissima, che è stata appena abbandonata dal marito, incallito giocatore, scomparso dopo averla derubata, per giocarseli al Bingo, dei soldi che faticosamente era riuscita a risparmiare, caricando merci sul nastro trasportatore di un supermercato, per pagare l'ultima rata per l'acquisto di un prefabbricato un po' più decente di quello dove attualmente vive, dove far crescere i suoi figli, che al momento nutre a furia di bibite e popcorn.
Al limite della riserva, in una roulotte che cade a pezzi, nascosta tra i boschi, quasi emarginata dalla sua gente, vive Lila Littlewolf, una giovane vedova indiana Mohawk, madre di un bambino piccolo, che le è stato sottratto dalla suocera subito dopo la nascita, dopo la morte del marito, senza che i capi tribù facessero nulla per impedirlo.
Alla ricerca del marito scomparso, Ray entra nella sala Bingo del paese e si imbatte in Lila che fa saltuariamente la commessa nel locale delle scommesse.
L'incontro è più uno scontro, perché Lila ha tentato di rubare la macchina che il marito di Ray ha abbandonato nel parcheggio della sala giochi, prima di far perdere le sue tracce.
Furiosa, Ray, cerca di inseguirla per tentare di recuperare almeno l'auto, e si addentra nella riserva indiana che sorge vicino al paese.
Ed è qui che avviene la svolta della sua vita, quando si imbatte in Lila, una donna, come lei, sconfitta dalla vita.

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giovedì 15 luglio 2010

Recensione IL CORRIDOIO DELLA PAURA

Recensione il corridoio della paura




Regia di Samuel Fuller con Peter Breck, Constance Towers, Gene Evans, James Best

Recensione a cura di A. Cavisi

Johnny Barrett, giornalista ambizioso mirante al premio Pulitzer, decide di farsi internare in un ospedale psichiatrico fingendo di essere un feticista ossessionato dalla passione per sua sorella, in realtà la fidanzata Cathy, per poter indagare dall'interno su un caso di omicidio. Tramite i contatti con tre testimoni oculari dell'atto criminoso, cercherà di risalire all'identità del colpevole, ma si ritroverà a combattere per la sua stessa sanità mentale.

Un noir d'altri tempi che conserva ancora il suo carattere inquietante e coinvolgente nonostante l'età. Una vera e propria, letterale e metaforica, discesa agli inferi di un protagonista emblematico e comunicativo di un tema ben preciso, come di rimando i tre pazienti dell'ospedale con i quali entra in contatto. Sembra quasi che Fuller, partendo dalle basi del genere (il protagonista che con voce narrante ci accompagna lungo il racconto dei fatti che gli sono accaduti), voglia in realtà porre le fondamenta per dei sottotesti di notevole portata a partire dalla pericolosità insita nello sfrenato desiderio di carriera e rivalsa personale, incarnato alla perfezione dal percorso delirante compiuto dal protagonista, fino ad arrivare a dei veri e propri tarli della cultura, della storia e della società americana.

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Recensione FRATELLANZA - BROTHERHOOD

Recensione fratellanza - brotherhood




Regia di Nicolo Donato con Thure Lindhardt, David Dencik, Nicolas Bro, Morten Holst, Claus Flygare

Recensione a cura di Francesca Caruso

"Brotherhood" è stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2009 vincendo il Marc'Aurelio d'oro come Miglior film. L'opera del regista e sceneggiatore Nicolo Donato è raccontata con un'intensità, delicatezza e sensibilità come se ne vedono poche. Il regista riesce fin da subito a far entrare lo spettatore nel mondo che ha delineato per il suo eroe, facendolo conoscere attraverso i suoi occhi, il ragazzo sembra quasi dire di seguirlo nel suo percorso di vita.

A Lars viene negato l'avanzamento di carriera che gli era stato proposto; amareggiato dalla situazione, decide di lasciare l'esercito. Quando mette al corrente i suoi genitori della cosa, la madre sembra tutt'altro che soddisfatta e cerca di fargli cambiare idea. Il padre non proferisce parola. Invitato a casa di un amico, fa la conoscenza di due nazi. C'è subito un forte attrito fra di loro visto le opposte idee in cui credono, ma al capo Lars fa una buona impressione per la sua dialettica e per come usa il cervello. Gli viene proposto di diventare un membro della loro "confraternita"; dopo un iniziale rifiuto, Lars accetta. A casa la convivenza con i genitori diventa pesante, così va a vivere a casa di uno dei confratelli, Jimmy. Tra loro si instaura da subito una forte intesa, che si trasforma in amore. Questo va contro quello in cui crede il gruppo e i problemi non si faranno attendere.

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mercoledì 14 luglio 2010

Recensione NON PENSARCI

Recensione non pensarci




Regia di Gianni Zanasi con Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Natalino Balasso, Paolo Briguglia

Recensione a cura di peucezia

Ritorno alla regia di Gianni Zanasi dopo otto anni di silenzio, "Non pensarci" può essere definito film del genere "commedia" perché di essa declina tutte le accezioni dal drammatico al patetico al comico.

Un giovane un po' sfigato (Mastandrea, ormai abbonato a rappresentare il complessato sin dai suoi esordi), abbandonato dalla fidanzata e con scarso successo nel mondo dello spettacolo, torna nella casa natìa in cerca di ossigeno e di aiuto psicologico, ma al contrario si trova ad essere il conforto che tutti aspettavano.

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Recensione PREDATORS

Recensione predators




Regia di Nimród Antal con Adrien Brody, Topher Grace, Danny Trejo, Alice Braga, Laurence Fishburne, Walton Goggins

Recensione a cura di JackR

Adrien Brody si sveglia e, come in un incubo, sta precipitando nel vuoto e il paracadute non si apre.
Così, con la scena migliore del film, ha inizio "Predators", terzo capitolo della saga horror / fantascientifica iniziata nel 1987. All'epoca a combattere i cacciatori alieni c'era Schwarzy, oggi c'è Brody: lo scarto non è minimo, ma la differenza tra i due è proprio questa: che Brody è perfetto anche quando è un "miscast", Arnold difficilmente lo si immagina a proprio agio – ad esempio – sul treno per il Darjeeling.

La trama in poche righe (comunque più di quanto probabilmente è lungo il soggetto originale): un manipolo di assassini provenienti da tutte le organizzazioni criminali e militari peggiori della Terra (dalla Yakuza all'IDF), più un pericoloso condannato a morte ed uno spaurito dottore (Topher Grace) si risvegliano in una strana giungla senza alcuna idea di come e perché sono stati portati là, per di più armati.
Mentre il gruppo tenta di sopravvivere, guidato dal riluttante Royce (Brody), il mistero si dipana: non sono sulla Terra, ma su un pianeta utilizzato come una riserva di caccia aliena ad una specie di Predators molto più pericolosa dell'originale. Non ci vuole molto per arrivare alla spiacevole conclusione che il loro ruolo è quello della preda.

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martedì 13 luglio 2010

Recensione FRANKENSTEIN (1931)

Recensione frankenstein (1931)




Regia di James Whale con Boris Karloff, Colin Clive, Mae Clarke

Recensione a cura di Giordano Biagio

Il dottor Frankenstein, scienziato svizzero solitario in rottura con le università dell'epoca per il suo straordinario avanzamento negli studi galvanici applicati alla materia biologica, tenta di rianimare, insieme al suo assistente Fritz, una creatura umana costruita in laboratorio, composta da parti di diversi cadaveri ricavati da corpi disseppelliti al cimitero; il cervello del nascituro appartiene per sbaglio a un criminale ed è stato rubato da Fritz nel laboratorio della sua ex università.
Gli esperimenti avvengono in un vecchio mulino a vento abbandonato, utilizzando le numerose scariche elettriche prodotte da un forte temporale.
La creatura, distesa su un lettino, viene portata sulla sommità del mulino attraverso un rudimentale ascensore proprio quando il temporale viene a trovarsi sopra il caseggiato e trasmette la sua energia al corpo grazie a degli appositi elettrodi.

L'essere candidato alla nascita prenderà successivamente vita ma risulterà subito scomodo, di difficile controllo e amministrazione, a causa del suo forte desiderio di esplorazione dell'ambiente. Il suo atteggiamento istintivamente indipendentista lo porterà ad essere aggressivo, ad abbattere ogni ostacolo che gli si presenterà davanti, anche uccidendo, finendo poi per passare tra la popolazione del luogo come un mostro orribile.

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lunedì 12 luglio 2010

Recensione SUMMER OF SAM

Recensione summer of sam




Regia di Spike Lee con Ben Gazzara, John Leguizamo, Adrien Brody, Mira Sorvino

Recensione a cura di FrancescoManca (voto: 8,0)

Nella torrida estate del 1977, New York è sovrastata da una sconcertante serie di omicidi per mano di un killer psicotico autosoprannominatosi 'figlio di Sam', che uccide giovani coppie appartate con una Magnum 44.
Il paranoico e donnaiolo 'discotecaro' Vinnie, la sua timida e fedelissima moglie Dionna e il punkettaro Richie dovranno fare i conti con la dura realtà cui si trovano di fronte e si troveranno a combattere con i propri demoni interiori.

Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del 52° Festival Di Cannes, "Summer of Sam" è la pellicola con la quale Spike Lee, il regista afroamericano più controverso e impegnato del panorama cinematografico Hollywoodiano degli ultimi vent'anni, decide di raccontare una storia, ma soprattutto una razza che non è la sua.
I protagonisti del film, infatti, non sono più persone di colore ma sono tutti, senza esclusione, bianchi, più precisamente italoamericani, che affollano il quartiere del Bronx di New York, già teatro di molte delle precedenti opere del regista.
Sebbene il titolo e il plot del film indichino un chiaro riferimento alla vicenda realmente accaduta del serial killer che terrorizzò New York sul finire degli anni '70, a Spike Lee non interessa raccontare una crime story, ma dirige la sua attenzione verso usi e costumi degli abitanti di Little Italy, evidenziandone non solo slang e dialetti caratteristici ma anche tradizioni e mentalità.

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venerdì 9 luglio 2010

Recensione PERCHE' IL PROFESSOR R. E' DIVENTATO MATTO?

Recensione perche' il professor r. e' diventato matto?




Regia di Rainer Werner Fassbinder, Michael Fengler con Kurt Raab, Lilith Ungerer, Amadeus Fengler, Franz Maeon

Recensione a cura di bulldog (voto: 10,0)

Germania, fine degli anni '60: le industrie sono in netta ripresa, la piccola e media borghesia tedesca si rafforza sempre più ed avanza indisturbata, la sconfitta della guerra è oramai alle spalle, la società si avvia verso una progressiva finanziarizzazione, speculazioni e corruzione divengono fenomeni integranti del processo di ricostruzione tedesco, iniziato a metà degli anni Cinquanta.
Fassbinder ed altri registi coetanei, tra cui Werner Herzog e Wim Wenders, intuitivamente consapevoli di ciò che stava accadendo, diventano inevitabilmente i protagonisti di una critica radicale al modello capitalista. Un archetipo che opera in un rovesciamento di prospettiva copernicana, in un'epoca in cui le leggi economiche prendono il sopravvento e non sono più subordinate alle esigenze e agli scopi della comunità.
E così nacque il cosiddetto "Nuovo Cinema Tedesco", gli autori citati iniziarono a produrre parecchi film a basso costo ispirati a Bunuel, Brecht e sulla scia della Nouvelle Vague francese.
In particolare, si distinse R.W.Fassbinder, che diede forma ai propri turbamenti esistenziali creando un personalissimo connubio tra il Kammerspielfilm, il Cinema Americano Classico e ovviamente il grande movimento cinematografico francese nato sul finire degli anni cinquanta capitanato da J.L.Godard. Vari sono i film che mostrano il punto di vista dell' autore sulla storia tedesca e, in particolare, sulla ricostruzione operata nella Germania Federale, quella Germania colpevole del Nazismo che ha voluto però cogliere solo gli aspetti 'americani' dello scenario post 1945, fino a diventare succube del profitto fine a se stesso.

Al 1968 risale una tra le sue primissime opere di grande spessore, ovvero "Warum lauft Herr R. Amok?". Una semplice cronistoria che ritrae l'anemica vita quotidiana del signor Raab, un professionista con un lavoro dignitoso, una bella moglie ed un figlio come tanti.
Un uomo normale insomma, distaccato e senza particolari eccessi, lavora, accompagna sporadicamente la moglie a far compere o a visitare le amiche, passa le serate in casa con la famiglia guardando la televisione, esce con i colleghi, cerca di fare carriera, aiuta il figlio a fare i compiti e va a parlare con la sua insegnante.
Le sue relazioni sono piatte, senza slanci ed affetti ed egli non fa altro che galleggiare in questo suo finto equilibrio partecipando da spettatore alle cene che la moglie organizza durante il weekend.
Raab pian piano diventa sempre più apatico, inerte, demotivato, fiacco e quasi incapace di comunicare, ripetendo sempre gli stessi gesti meccanizzati. Un'unica scintilla vitale la sprigiona quando un amico di vecchia data va a trovarlo ed insieme rievocano, impavidi, la loro infanzia tra gli sguardi perplessi della moglie.

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giovedì 8 luglio 2010

Recensione UN REBUS PER L'ASSASSINO

Recensione un rebus per l'assassino




Regia di Herbert Ross con James Coburn, James Mason, Dyan Cannon, Raquel Welch, Richard Benjamin, Joan Hackett

Recensione a cura di A. Cavisi

Un ricco produttore cinematografico invita un gruppo di amici sul suo yacht con l'intento di svolgere una sorta di gioco di ruolo disseminato di indizi e misteri.
In realtà il suo vero intento è quello di smascherare colui che ritiene essere l'assassino di sua moglie, morta un anno prima investita da un'auto ad un party a cui presenziavano tutti i suoi invitati.

Un vero e proprio giallo alla Agatha Christie questo "Un rebus per l'assassino" che in originale si intitola "The Last of Sheila" (dal nome della moglie defunta del protagonista). Uno di quei gialli che appassionano per i misteri che si celano dietro la narrazione, per i numerosissimi indizi disseminati qui e lì, per le deduzioni da cui ciascun protagonista viene colto nella risoluzione del caso, per l'esistenza di un colpevole da scovare in un gruppo ristretto di persone, per la suspense di alcuni passaggi narrativi, per le morti improvvise e inaspettate di alcuni personaggi e via di questo passo.
Un giallo del tutto riuscito, quindi, che però non si limita solo a questo visto che porta con sé numerose tematiche, come ad esempio il voler porre la lente d'ingrandimento su ciò che spesso si cela dietro il mondo del cinema, non sempre così meraviglioso come ci appare ma spesso attraversato dal vizio e dal peccato, lo stesso che coglie i protagonisti del film tutti facenti parte, direttamente o meno, del fantastico mondo della settima arte.
Il protagonista, infatti, è un produttore cinematografico (interpretato da un inquietante James Coburn) che sta "sopra le parti" ma che poi si scopre, in un apprezzabilissimo ribaltamento di prospettive, non essere esente dalla stessa dura critica, se vogliamo anche morale e moralistica, che colpisce tutti gli altri. I suoi invitati sono un regista ormai sul viale del tramonto (il brillante James Mason), uno sceneggiatore alla smaniosa ricerca di qualcosa da scrivere (l'ambiguo Richard Benjamin) con la sua ricchissima moglie (Joan Hackett), una famosa e bellissima attrice (Raquel Welch) accompagnata dal fedele marito (Ian McShane) e un'agente delle star (interpretata da Dyan Cannon).

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mercoledì 7 luglio 2010

Recensione GIRL 6 - SESSO IN LINEA

Recensione girl 6 - sesso in linea




Regia di Spike Lee con Madonna, John Turturro, Spike Lee, Theresa Randle

Recensione a cura di FrancescoManca (voto: 6,0)

Judy è una giovane aspirante attrice di colore che sogna di sfondare nel mondo del cinema. Tuttavia, nonostante continui a sottoporsi a numerosi provini, la fortuna pare non essere dalla sua parte. Decide così di intraprendere una nuova carriera diventando una centralinista erotica, ed avendo così la possibilità di intrattenere decine di uomini e di perfezionare il suo talento istrionico e recitativo.

Non è certamente una delle migliori opere di Spike Lee quella a cui ci troviamo di fronte, realizzata nel 1996 ed improntata, come sempre nei film del cineasta afroamericano, sui problemi razziali e su vicende di ordinaria follia che vedono coinvolti i neri della Grande Mela.
Questa volta, però, i toni sono visibilmente più leggeri e brillanti, e l'elemento che tiene insieme tutta la storia e tutti i personaggi sono i call-center erotici, che offrono al regista la possibilità di riflettere sulla società borghese americana che sfoga le proprie pulsioni e perversioni sessuali sulle telefoniste erotiche applicando ad esse la loro fantasia, rivolgendo sottili critiche e denunce con il sorriso (amaro) sulle labbra. Pur interessante ed originale, la storia non riesce ad essere convincente fino in fondo, e se nella prima parte riesce a sfoggiare le sue migliori idee, in molti tratti della seconda si inceppa in continue ripetizioni ed in inutili espedienti 'kitsch' e francamente evitabili, come ad esempio i ripetuti intermezzi grotteschi in cui la protagonista si immedesima prima in Foxy Brown, poi in una ammiccante biondina pronta a soddisfare tutte le richieste dei suoi clienti, fino ad arrivare ad essere la figlia adolescente in una sorta di parodia dei "Robinson".

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martedì 6 luglio 2010

Recensione UN CONDANNATO A MORTE E' FUGGITO

Recensione un condannato a morte e' fuggito




Regia di Robert Bresson con Charles Le Clainche, Roland Monod, François Leterrier

Recensione a cura di Ciumi (voto: 10,0)

"Questa è una storia vera. Io ve la racconto così com'è, senza orpelli."

Una storia vera. Tratta da un racconto di André Devigny, narra i giorni di prigionia e l'evasione dal forte di Montluc a Lione di un membro della resistenza francese, durante la seconda guerra mondiale.
Ma dentro la cornice del suo cinema sobrio, intimo, e attraverso la rigorosità del suo verbo, Bresson ce la illustra più disadorna, fuori dallo spazio e dal tempo nei quali essa restava incarcerata, completamente depurata.

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