Recensione barriera invisibile
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Recensione a cura di peucezia (voto: 7,0)
Uscito nel 1947, tratto dal romanzo di Laura Z. Hobson e diretto da Elia Kazan, futuro regista di "Fronte del porto", "Barriera invisibile" (titolo originale: "Gentleman's agreement", letteralmente "accordo tra gentiluomini") è il primo film che affronta la tematica dell'antisemitismo negli Stati Uniti, terra liberale e da sempre con un'importante presenza ebraica. Protagonista della storia è un giovane giornalista vedovo (Gregory Peck), un tipico columnist anni Trenta-Quaranta fautore del giornalismo verità, che decide di assumere una falsa identità per provare sulla sua pelle la discriminazione razziale, al fine di pubblicare un'inchiesta sul suo giornale.
La cinematografia a stelle e strisce dopo la seconda guerra mondiale cerca di seguire il filone neorealista italiano producendo opere di rilievo; un esempio: "I migliori anni della nostra vita", ma l'impronta hollywoodiana non abbandona mai nemmeno le pellicole impegnate, imponendo comunque una recitazione di maniera e un finale stiracchiatamente positivo. E' quanto si riscontra nella pellicola di Kazan, animata dalla buona volontà e dall'entusiasmo propri dello straniero accettato e di successo nella cosiddetta terra della libertà (Kazan, di origine greco-turca, è portato a pochi mesi negli Stati Uniti). La storia pecca di un eccessivo didatticismo e malgrado il suo regista sia un convinto sostenitore del metodo Stanislavskij, mantiene una recitazione di stampo classico.
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