lunedì 12 dicembre 2005

Recensione OGNI COSA E' ILLUMINATA

Recensione ogni cosa e' illuminata




Regia di Liev Schreiber con Elijah Wood, Eugene Hutz, Boris Leskin, Jonathan Safran Foer, Stephen Samudovsky, Zuzana Hodkova

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Non è certamente facile fornire un'interpretazione univoca dei contenuti di questa convincente opera prima del giovane attore russo Liev Schreiber, stante la commistione di elementi eterogenei, di forma e di sostanza. Il film mescola infatti la tessitura drammatica, legata al precedente storico della persecuzione nazista contro gli ebrei, alla componente iperreale di una sorta di strano viaggio nello spazio e nel tempo, ad opera di personaggi assai curiosi; scolpiti e caratterizzati a tutto tondo, come nel teatro delle maschere, e legati tra loro da un crescendo affettivo continuo, che li porta dalla primitiva conoscenza a profondi sentimenti di amicizia nel finale. Un processo che non lascia immune nemmeno il simpaticissimo cagnolino "meticcio" del vecchio nonno russo, che passa progressivamente da atteggiamenti ringhiosi ed isterici ad una calorosa "amicizia" col giovane ebreo americano protagonista del racconto.

Complessa la sostanza, il film è pure multiforme negli aspetti formali, coniugando elementi lirici, cromatismi inediti, paesaggi simbolici fiabeschi, in un'atmosfera onirica e surreale che ricorda non poco il cinema e, soprattutto, il teatro orientale, principalmente giapponese. Quel tipo di racconto dove si confondono sempre realtà e sogno, verità e finzione; come era, se vogliamo, tutto il teatro dei tempi più antichi. Come sia riuscita un'operazione del genere al giovane autore americano del testo, anch'egli all'opera prima, non è facile dire; forse perché ebreo lui stesso, e dunque fortemente stimolato dal suo soggetto. O più probabilmente grazie alla reinterpretazione fattane dal giovane attore neo regista Schreiber, che sembra essersi preso grandi licenze poetiche, soprattutto nelle parti conclusive. Per saperlo bisognerebbe aver letto il libro del giovane esordiente, Jonathan Safran Foer, acclamato dalla critica letteraria non meno dello stesso film. Singolare che il nome vero dell'autore sia pure quello del protagonista del film, il giovane collezionista ebreo che parte per l'Ucraina in cerca delle sue radici; in pratica del personaggio femminile che tanti anni prima aveva sottratto il nonno alla repressione nazista, salvandogli la vita. Il tutto in un paese apparentemente scomparso, che pare mai esistito, nella memoria dei contemporanei, uno dei tanti villaggetti cancellati dalla storia nell'ultima guerra, dal criptico nome di Trachimbord.

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