venerdì 11 maggio 2007

Recensione CASABLANCA

Recensione casablanca




Regia di Michael Curtiz con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman, Paul Henreid, Claude Rains, Conrad Veidt, Sydney Greenstreet, Peter Lorre, S.Z. Sakall, Madeleine LeBeau, Dooley Wilson, Joy Page

Recensione a cura di Mrs. Black (voto: 9,0)

"Casablanca" è stato l'archetipo di tutti i film d'amore che hanno fatto la loro comparsa sugli schermi dal 1942 in poi. Come disse qualcuno circa l'opera lirica, anche "Casablanca" non può lasciare indifferenti: o si ama o si odia.

Nel 1941 migliaia di disperati fuggono dall'Europa e dalla minaccia tedesca, rifugiandosi a Casablanca nel Marocco francese. Qui i più fortunati ottengono dei visti che equivalgono alla fuga in America e quindi alla libertà, ma la maggior parte deve prepararsi ad una lunga permanenza a Casablanca, dove si sviluppa l'intera vicenda.
C'è chi da Casablanca non vuole andarsene, perché nasconde segreti e dolori che si trascina da dove arriva; Rick Blaine (Humphrey Bogart), ad esempio, un solitario, schivo e piuttosto scorbutico americano che ha aperto un locale notturno dove tutti si incontrano ("Everybody comes to Rick's"), bevono, litigano, giocano e tramano. Quando Rick viene fortuitamente in possesso di due lettere di transito, che equivalgono ad un lasciapassare per il Nuovo Mondo importante ed ambito, iniziano i problemi. A chi le darà Rick? A chi gli offrirà il prezzo più alto? O le userà per se stesso? Le cose si complicano ulteriormente quando nel suo locale mette piede Ilsa Lund (Ingrid Bergman), con il marito cecoslovacco, il leader della Resistenza Victor Laszlo (Paul Henreid).
Il rude americano e la bellissima svedese si conoscevano già. Inizialmente non si sa quando, dove, perché la loro storia sia iniziata o sia finita. Quello che è certo è che l'amore reciproco non è mai scomparso. Il film si sviluppa poi attorno a tutti questi ed altri avvenimenti, animati da battaglie politiche, ricordi fumosi, minacce naziste, doppi giochi pericolosi. Il tutto a Casablanca, vero e proprio "bosco narrativo", per dirla con Umberto Eco ("Sei Passeggiate nei Boschi Narrativi", Bompiani, 1992, p.157).

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