lunedì 21 maggio 2007

Recensione KINSKI - IL MIO NEMICO PIU' CARO

Recensione kinski - il mio nemico piu' caro




Regia di Werner Herzog con Klaus Kinski, Werner Herzog, Eva Mattes, Claudia Cardinale

Recensione a cura di kowalsky (voto: 9,5)

"Prima togli la trave dal tuo occhio, e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dal mio."

Klaus Kinski, l'"uomo che vi piace odiare" (come si diceva ottant'anni fa del celebre Eric Von Stronheim) apparteneva sicuramente a una razza indistinta di attore e di essere umano: un uomo profondamente avverso a tutti i tipi di business e alla mondanità, ma soprattutto ostile all'umanità non tanto come forma individuale ma collettiva di stupidità, di complicità, di impotenza planetaria.
Le sue bizze e i suoi eccessi, venati da una forte forma di egocentrismo, hanno scandalizzato i salotti della gente "perbene", mettendo l'arte come funzione assolutamente primaria della sua esistenza.
Davanti alla sua scomparsa, l'ipocrisia vigente non ha tralasciato proprio nulla della propria dilagante riabilitazione, senza contare che - davanti a simili personaggi - il mondo degli addetti ai lavori avrà respirato un certo sospiro di sollievo. Kinski è un personaggio scomodo e come tale "inopportuno" per un mondo che si vanta di edificare, con sommo integralismo, le redini delle proprie colpe. Ma, del resto, non è così anche oggi? Non sono forse i film più coraggiosi, i percorsi più devianti, i personaggi meno malleabili a trovare spesso ostilità nel mondo contemporaneo?
In realtà personaggi come Kinski sono insostituibili proprio perchè nella loro pregnante vitalità fisica e mentale (una vitalità che assomiglia a un esorcismo dove la vita e la morte non hanno più alcun significato) lasciano un vuoto incolmabile, perchè esistono attori che sanno mettere a nudo, brutalmente e con-sapevolmente, un inferno privato, uno spirito irrazionale e beffardo, fuori e dentro lo schermo, ed è come se Aguirre, Woyzeck o Fitzcarraldo parlassero direttamente a noi.
Ciò che sgomenta è però che quel retaggio di furia incontrollata e iconoclasta porta l'uomo a vivere disperatamente quel malessere con se stesso, gridando la sua rabbia soprattutto a quei pochi che possono e vogliono ascoltarlo, con uno spirito di sacrificio che esprime, invero, le più realiste condizioni della razza umana.

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