giovedì 27 novembre 2008

Recensione CHANGELING

Recensione changeling




Regia di Clint Eastwood con Angelina Jolie, John Malkovich, Amy Ryan, Geoff Pierson, Jeffrey Donovan, Jason Butler Harner, Michael Kelly, Gattlin Griffith

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 8,0)

"Changeling" (traducibile, con buona approssimazione, con "scambio di bambini") è un film tipicamente holliwoodiano, di vecchio stampo, modernizzato dall'applicazione dei grandi mezzi tecnologici di oggi che riescono a dare alla pellicola uno stile di immagine inedito, irripetibile, immettendo nelle scene quasi ogni angolo della realtà ripresa, grazie agli innumerevoli punti di osservazione delle telecamere che sezionano ogni aspetto del mondo reale.
Per questo film è facile prevedere grandi premi, sia in virtù degli ingredienti che caratterizzano la pellicola, sempre ben dosati, sia per la bravura del regista americano.
Clint Eastwood, come sempre originale e ricco di idee, conferma il suo interesse cinematografico per la vita del singolo cittadino americano, ed in particolare per quella parte della sua esistenza che a un certo punto si piega verso il dramma. Quello che Eastwood ama riprendere nei suoi film è un cittadino americano colpito da gravi sfortune, eppure combattivo, che nonostante la pesantezza degli situazioni subite riesce ad avere ancora fiducia nella legge e nelle istituzioni, finendo in alcuni casi per contribuire, insieme ad altri cittadini, alla pulizia dei luoghi sporchi dei dipartimenti di polizia e delle amministrazioni comunali americane.

Il regista statunitense dimostra ancora una volta il suo particolare talento per la narrazione filmica a tensioni estreme, legate ad un accaduto vero, significativo, svelatore di una realtà problematica più ampia. Eastwood racconta con disinvoltura provocatoria storie raccapriccianti che fanno riflettere sull'America democratica di ieri, costringendoci a ripensare anche a quella di oggi; è capace come pochi, e "Changeling" lo dimostra ancora una volta, a comporre insieme spettacolo e contenuti, basandosi su storie di un certo spessore non sempre ben garantite dal mercato; e lo fa suscitando emozioni nuove, mai provate prima, perché il suo modo di narrare è denudato da ogni retorica giornalistica o influenza mediatica.
Il pistolero senza nome di "Per un pugno di dollari" oggi è un conosciutissimo cittadino per bene, incapace di ironia ed umorismo se non nelle cerimonie dei premi, ostinato nel prendersi sempre sul serio in nome dell'etica in cui crede, capace di offrire impegno e sensibilità come pochi altri nella costruzione dei film di denuncia. I suoi film, a differenza delle pellicole europee dello stesso genere, non annoiano, non hanno mai grossi cali di tensione nella narrazione.
Lo stile di Eastwood rimane inconfondibile, la coerenza comunicativa delle sue immagini è frutto di un montaggio sopra le righe, che unito al taglio un po' gesuitico dei dialoghi, rende le sue opere ben contrastate e ricche di messaggi autorevoli, dandoci delle scene forti e credibili che ruotano, prive di giochi di suggestione, intorno ai poteri più oscuri presenti negli ingranaggi della democrazia americana.

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