Recensione il papa' di giovanna
Recensione a cura di GiorgioVillosio
Malato di un amore eccessivo per la figlia psicolabile, un modesto insegnante di disegno, artista fallito, non si rassegna a perderla, seguendone il destino fino alla fine; anche dopo che la povera demente uccide la migliore amica senza pietà, per una folle gelosia.
Mai come negli anni in cui viviamo la forma fisica e un bell'aspetto hanno condizionato l'esistenza delle persone, elargendo successo o infelicità; da cui una società schizofrenica, che persegue certi sogni ottusamente, coi miti del divismo, della giovinezza a tutti i costi e delle icone "velinare", trascurando, per contrapposto, valori effettivi di tipo spirituale, artistico ed intellettuale, riconosciuti da sempre come "bellezza dell'anima". Quella che dura, non muore, raggiungibile da tutti.
Il senso di inadeguatezza dell'adolescente che si sente come un "brutto anattrocolo" è storia però di sempre, databile anche nell'Italia fascista del '38, dove è ambientata la triste storia di Giovanna e del padre, Silvio Orlando, che sommerge la figlia di attenzioni esagerate per farle superare i sensi di inferiorità.
Fin qui sembra delinearsi un quadro di taglio Adleriano, in cui la genesi del disagio si collegherebbe al penoso senso d inadeguatezza della giovane. Ma la storia che Pupi avati ci racconta, al cinema ma anche nel romanzo omonimo, è molto più complessa e dolorosa, facendo emergere le sensibilità malate dei genitori per i loro stessi irrisolti. Il modesto professore sa di non essere mai stato amato dalla moglie, Francesca Neri, madre troppo bella della povera Giovanna, che peraltro non ha mai dimostrato affetto e comprensione verso la figlia.
Questa ne soffre al punto da uscire di senno, con forme ossessive di gelosia e possessività; sentimenti malati che la portano ad uccidere la migliore amica.
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