Recensione dracula cerca sangue di vergine... e mori' di sete
Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,0)
Morrissey non è l'ex-leader degli Smiths, una delle band fondamentali degli anni '80, nonché uno dei più amati musicisti inglesi, anche se un legame con l'ononimo cineasta della Factory c'è: fu proprio il volto di Joe Dallesandro nel suo "Flesh" (1968) ad essere immortalato nella copertina dell'album d'esordio della band.
L'esilio italiano del regista (sua, appunto, la memorabile trilogia con il già citato "Flesh" e, a seguìre, "Trash" - 1970 - e "Heat", 1971) coincide ironicamente con la trama di questo film, per motivazioni ben diverse da quelle che invogliano il conte Dracula a trasferirsi nel nostro Paese.
Si trattò, allora, di un accordo produttivo con Carlo Ponti, che permise alla Factory di Andy Warhol di trasferirsi in Italia per realizzare due opere dedicate alle più famose icone horror del cinema: Frankenstein ("Il mostro è in tavola...Barone Frankenstein", 1973) e Dracula.
È come se Morrissey, ormai lontano dalle sperimentazioni degli esordi, avesse trovato una nuova strada artistica proprio nei sottogeneri del cinema italiano, nei b-movies horror, e anche nell'estetica glamour del cinema erotico europeo (di cui il film trasuda una certa patina sexy), in definitiva nel grand-guignol e negli eccessi dei film di genere: in un certo senso egli ha attinto non propriamente dal sangue come l'assetato conte, ma dal torbido kitsch del nostro cinema, quello che - volenti o nolenti - consentirà alla ditta Warholiana di esprimere compiutamente e in piena libertà il proprio linguaggio cinematografico.
Il risultato è esaltante e difettoso allo stesso tempo, perchè mai come in questi film è concesso esprimere se stessi sia davanti a geniali trovate visive e tecniche sia attraverso incombenti cadute di tono.
È questo il segreto, forse, per cui il film di genere conosce oggi, tardivamente, una rivalutazione generale.
Lo sforzo produttivo vede alla regia Paul Morrissey, ma nella versione italiana è accreditato il celebre Antonio Margheriti (certe intuizioni formali, come il finale del film, fanno pensare che ci sia la sua mano, ma non è detto che sia la verità). E lo stesso Warhol è "quasi" un terzo regista, lontano dalla macchina da presa per evidenti timori personali (in riferimento all'attentato alla sua vita ad opera di Valerie Solanas) eppure capace di marchiare a fondo con la sua presenza/assenza lo svolgimento del film (in particolare certi dialoghi eccentrici).
"Blood for Dracula" (o anche "Andy Warhol's Dracula", o "Andy Warhol's young Dracula" e "Dracula ha sete: cerca sangue di vergine", fino al definitivo titolo italiano "Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete") è in realtà un film che incanta e stupisce per la sua incomprensibile bellezza: originariamente e frettolosamente inserito come "parodia horror" rivela a poco a poco una capacità di "fusione" (di generi o di immagini sul tenebroso conte rumeno) che lascia interdetti.
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