Recensione edipo re
Recensione a cura di Giordano Biagio
Prima immagine: una pietra miliare indica la città di Tebe.
Il film inizialmente è ambientato nel nord dell'Italia, negli anni '20.
Alla periferia di un paese agricolo, in una casa piccolo borghese, una donna (Silvana Mangano) partorisce un bambino. Con la musica rassicurante del Quartetto delle Dissonanze di Mozart, il volto della madre che allatta il suo bambino fa intuire attraverso le pieghe dello sguardo felicità e preoccupazione. Il padre poi osserva il figlio nella carrozzella, perplesso, contratto da una forte inquietudine.
Sullo sfondo del primo dopoguerra, la mancanza di un affetto vero, la diffidenza intrisa di gelosia, di un padre militare per il figlio appena nato, sembra voler riesumare e confermare la validità della teoria psicanalitica del complesso edipico.
Alla base due intuizioni geniali, una di Sofocle e l'altra di Freud: l'esistenza dell'inconscio e l'azione rimovente dell'Io causa di nevrosi; due grandi idee che sembrano per Pasolini attraversare ogni tempo, indifferenti ai grossi cambiamenti di costume.
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