martedì 3 luglio 2012

Recensione DETACHMENT - IL DISTACCO

Recensione detachment - il distacco




Regia di Tony Kaye con Adrien Brody, Lucy Liu, Bryan Cranston, Christina Hendricks, James Caan, Renée Felice Smith, Blythe Danner, Marcia Gay Harden, Tim Blake Nelson, Sami Gayle, Doug E. Doug, Isiah Whitlock Jr.

Recensione a cura di Mimmot

Essere insegnante oggi... un mestiere difficile e bello, arduo e complesso, che richiede nervi saldi, una grande dose di pazienza, di sopportazione e di tolleranza e una grandissima forza d'animo, per non restare annientati dalle sfide che quotidianamente attendono chi vi si dedica, in questo presente 'liquido', e spesso privo di punti di riferimento.
Se poi succede che un docente porti a scuola i suoi problemi personali, può capitare che le relazioni con gli studenti subiscano distorsioni, che si traducono in errori comportamentali pregiudicanti l'obiettivo primario di facilitare loro l'apprendimento delle conoscenze che la nostra cultura ha assorbito col tempo, affinchè un giorno possano essere persone dotate di spirito critico e capaci di gestire le loro vite.

Lo sa bene il professor Henry Barthes (Adrien Brody, mai così intenso e sofferto dai tempi di Il pianista), il protagonista di Detachment, il film del cineasta britannico Tony Kaye (quello di American History X, tanto per intenderci) guarda caso, di ambientazione scolastica, che illustra una malinconica e struggente esperienza umana, che è un po' la cronaca del fallimento di un sogno di speranza per il futuro.
Henry Barthes è un giovane insegnante precario, supplente per scelta, con un macigno sul cuore, che vuol nascondere agli altri oltre che a se stesso. Un giovane uomo elegante e culturalmente evoluto, tormentato e solitario, tendente alla depressione, che ha fatto del "distacco" il suo modello di vita e della solitudine il mezzo per fuggire da un passato di sofferenza, "impenetrabile", come lo definisce il vecchio nonno ricoverato in una casa di riposo, che custodisce nella sua ormai labile memoria un pesantissimo segreto. Un modo per tenere a distanza di sicurezza il mondo, con i suoi dolori e le sue passioni, le sue brutture e il suo degrado.
Una strategia di sopravvivenza messa a punto per allontanarsi da quella sofferenza che puntualmente ritrova fuori di casa, gestendo rapporti transitori che sfiorano appena gli altri, per non lasciarsi coinvolgere nel dolore altrui.

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