martedì 23 luglio 2013

Recensione THE PACK

Recensione the pack




Regia di Franck Richard con Yolande Moreau, Émilie Dequenne, Philippe Nahon, Matthias Schoenaerts, Benjamin Biolay, Ian Fonteyn, Brice Fournier, Georges Lini, Philippe Résimont, Nicolas Leroy, Mathieu Bouteligier, François Doms, Benoît Vivien

Recensione a cura di dubitas (voto: 4,5)

Una ragazza (Émilie Dequenne) mentre fa i conti con dei depravati motociclisti che la pedinano per la strada, incontra un uomo molto promettente (Benjamin Biolay), che la aiuta a salvarsi dal pericolo e la conduce in una desolata locanda gestita da una vecchia e corpulenta donna (Yolande Moreau), chiamata "signora Pack".
Scongiurato il pericolo dei motociclisti, che decidono di darsi alla fuga dopo le minacce ricevute dalla Pack, la protagonista perde di vista il suo compagno e si mette a cercarlo per tutta la notte. Fin quando viene stordita e rinchiusa in una cella, proprio dall'uomo che l'aveva salvata, figlio della barista. I due si riveleranno dei pazzi squilibrati che praticano torture e omicidi, vivendo fuori legge senza possibilità di essere scoperti. Poi però ecco l'aggiunta di altri villains: un'orda numerosa di mostruose creature in cerca di sangue, al servizio delle quali lavorano i due pazzi sopraccitati: una specie di hobbits pelle-ossa con facce deturpate che mutilano con i loro morsi gli arti delle povere vittime catturate dalla signora Pack.

Franck Richard ci mette poco per rivelare la sua passione per il cinema del passato ed infarcisce la sua pellicola di stereotipi ed elementi topici dell'horror, creando una serie di richiami con "The Descent", "Calvaire" e "Frontiers". La nazionalità franco-belga inoltre fornisce ottime aspettative in merito, se pensiamo ad esempio a piccoli gioielli prodotti proprio in questo paese ("Martyrs", "A l'interieur"), che hanno riscosso successo in tutta Europa. Peccato che l'opera del cineasta al suo esordio sia davvero lontana dalla bellezza e dal fascino delle pellicole a cui fa riferimento. C'è poco, se non nulla, da salvare; colpa di una sceneggiatura paragonabile ad un formaggio emmenthal: gustoso sì, ma pieno di buchi. Un paragone per dire che la storia non è costruita con un filo logico, infatti sequenze, fatti, conseguenze si snodano senza una vera e propria ragione. Alleanze, discrepanze, colpi di scena, interventi imprevedibili di personaggi risultano così illogici, poco curati e incomprensibili.

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