Recensione quel che resta del giorno
Recensione a cura di Marco Iafrate (voto: 9,0)
James Ivory nasce a Berkeley in California il 7 giugno del 1928 da padre di origine irlandese e madre discendente da una famiglia anglo- francese; dotato di grande sensibilità e preparazione culturale ha basato la scelta dei suoi film sulla complessità e sulla raffinatezza dei testi letterali dai quali ne ha tratto le trasposizioni; da sempre avvalsosi della preziosa collaborazione della scrittrice Ruth Prawer Jhabvala, sceneggiatrice della maggior parte dei suoi film, Ivory raggiunge la fama internazionale nel 1985 con "Camera con vista" uno spaccato dell'Inghilterra del ventesimo secolo per poi tornare all'adattamento di tre romanzi dall'ambientazione decisamente anglosassone: "Maurice" e "Casa Howard" di Edward Morgan Forster e "Quel che resta del giorno" dello scrittore giapponese Ishiguro Kazuo; è di quest'ultimo lavoro che parleremo in questa sede.
Cosa resta del giorno? Proviamo a domandarcelo quando intorno a noi si è fatto buio; il tramonto è piacevole da vedere ma è un momento triste, segna il passaggio tra la bellezza dei colori ed il nero delle tenebre che ci avvolgono in attesa di un alba nuova, di un nuovo sorgere del sole; ma c'è qualcosa paragonabile all'imbrunire della natura, qualcosa che ad un certo punto della nostra esistenza può avvenire dentro di noi: il tramonto dell'anima. E così, un giorno, ci si mette in viaggio su una lussuosa automobile e ci si immerge nel paesaggio e nelle riflessioni, una di queste dà il titolo a questo magnifico film.
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