giovedì 27 marzo 2008

Recensione TEMPI MODERNI

Recensione tempi moderni




Regia di Charles Chaplin con Charles Chaplin, Paulette Goddard, Henry Bergman, Tiny Sandford, Chester Conklin, Hank Mann, Al Ernest Garcia, Lloyd Ingraham

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 9,5)

Cinque anni dopo "Luci della città" Charlie Chaplin gira nel 1936 "Tempi moderni", un film sonoro che stranamente non presenta ancora dialoghi orali; una pellicola fortemente controcorrente e dalle caratteristiche composite, comiche e satiriche, che prende di mira il mondo degli industriali tayloristi e tutta la filosofia capitalistica, rappresentando magistralmente i principali paradossi di un'epoca in forte cambiamento.
Il film si articola con codici narrativi originali, lasciando stupefatti critica e stampa per l'efficacia comunicativa delle scene, che trattano argomenti socialmente sensibili quali lo sfruttamento degli operai nella catena di montaggio e le sventure esistenziali legate alla disoccupazione, in un'atmosfera di gioco e divertimento mai realizzata prima.

Il film nasce in un momento critico per l'industria americana: la grande depressione degli anni '30 si fa ancora sentire e la scelta del taylorismo è traumatica; fa parte in toto della nuova filosofia industriale della competizione spinta agli eccessi, esasperata, che mette in piedi, cinicamente, un'organizzazione del lavoro senza precedenti, dagli effetti alienanti, stranianti, tali da preannunciare ai lavoratori un futuro di completa squalificazione professionale e un martirio psicofisico senza precedenti nella storia moderna del lavoro accompagnato, per giunta, dall'annullamento di numerosi diritti acquisiti in precedenza dal proletariato.
Il metodo scientifico tayloristico, che consentiva di sfruttare al massimo gli operai riuscendo nello stesso tempo a tenere acceso in loro un forte interesse di vita, si affermerà in tutto il mondo occidentale grazie alla sua sbalorditiva efficacia produttiva. Il taylorismo riduce l'uomo a mera funzione meccanica, ripetitiva, obbligando il proletariato a ritmi produttivi impossibili, estenuanti che portano in breve tempo a dure lotte sindacali e politiche. Nel '36 il taylorismo negli Stati Uniti non gode di apprezzamenti neanche da parte dei soggetti sociali piccoli borghesi, come gli impiegati e gli artigiani, perché temono che la filosofia del pieno sfruttamento dell'energia umana, attuata come mostra il film con l'ausilio del sistema di video-controllo, possa estendersi in ogni piega del mondo del lavoro generalizzando l'alienazione. In Europa il taylorismo ha un diverso impatto, s'immerge in una società più composita dove convivono realtà di lavoro diverse e di solida tradizione che manterranno un proprio spazio, produttivo e creativo.

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