Recensione the limits of control
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Recensione a cura di K.S.T.D.E.D.
Ennesima pellicola di Jim Jarmusch ed ennesima conferma di quella creatività rivolta all'atipico che caratterizza e rende particolarmente riconoscibile il suo cinema.
Questa volta, tuttavia, la differenza è sostanziale. La pellicola non solo propone storie e personaggi per l'appunto atipici, ma propone un'atipicità cosciente di sé, la rende protagonista quale fulcro di una sceneggiatura rigorosamente singolare. Un Jarmusch che parla di se stesso e del proprio cinema, in un prodotto che si pone al tempo stesso come atto d'accusa, difesa e sfogo.
Un uomo (Isaach de Bankolé), in un bagno d'aeroporto, effettua esercizi di rilassamento e meditazione. Quest'uomo ne incontra altri due, di cui uno è un interprete. Gli viene descritto un qualche tipo di lavoro, ma con frasi e modi tra i quali si fa fatica a scorgere quella logica che il protagonista, tuttavia, sembra afferrare, seppur in un modo tutto suo.
Questo è l'inizio del film, non si può aggiungere molto altro, non perché si rischierebbe di svelare troppo ma semplicemente perché non c'è nient'altro da aggiungere.
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