lunedì 14 novembre 2011

Recensione THIS MUST BE THE PLACE

Recensione this must be the place




Regia di Paolo Sorrentino con Sean Penn, Frances McDormand, Tom Archdeacon, Shea Whigham, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten, Kerry Condon, Judd Hirsch, Seth Adkins, David Byrne, Eve Hewson, Simon Delaney, Gordon Michaels, Robert Herrick, Tamara Frapasella, Sarab Kamoo

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 7,0)

Cheyenne, cerone e capelli che fanno il verso in maniera un po' troppo marcata a Robert Smith dei Cure (il vero nome del personaggio sarebbe, tra l'altro, proprio Smith… almeno non Robert ma John), è un'ex popstar che vive in un vuoto pneumatico, in una sospensione al ralenti dell'esistenza che in qualche modo è analoga, per quanto meno radicale, a quella del Titta di Girolamo di "Le conseguenze dell'amore".
L'imprinting di base del personaggio di Cheyenne è quello tipico dei protagonisti dei film di Sorrentino. Eccentrico e pieno di idiosincrasie (si pensi a quante esilaranti opportunità aveva offerto in questo senso la figura di Andreotti!), la differenza rispetto ai precedenti, è che Cheyenne appare meno meschino (anche se Sorrentino in fondo ci aveva fatto provare un po' di simpatia persino per il suo Andreotti, così come per il repellente ma buffo Geremia de "L'amico di famiglia"). Ma qui, dopo un po', lo spettatore smette decisamente di provare fastidio per un personaggio tanto "deviato" come Cheyenne, e ad affezionarsi a lui, riconoscendo la tenerezza del suo non esser mai cresciuto. In questo aiuta l'amore materno della moglie, interpretata da una splendida Francis McDormand (la cui presenza come attrice non è l'unico rimando al cinema dei Coen). In breve, lo spettatore comincia presto a vedere la realtà (anche) dal punto di vista di Cheyenne, e a trovare un senso nelle sue stravaganze.

Tante parole si sono spese sulle divergenze e differenze fra il "film americano" di Sorrentino, e il suo cinema precedente. In realtà non c'è un punto di rottura significativo.
E d'altra parte l'argomento dei detrattori di questo "This must be the place" è spesso proprio il fatto che Sorrentino, con un espressionismo descrittivo raffinato, invece di innovarsi, si avvierebbe a un compiacimento formale di maniera (una maniera personale, s'intende), povero di idee e di contenuti.
Noi non siamo completamente d'accordo. Non è vero che "This must be the place" sia povero di contenuti. E' vero, sì, che appare un'opera più lieve e solare, rispetto alla precedente filmografia, ma con questo apporta un cambiamento nella poetica del suo autore. Nel disincanto puro, nel cinismo un po' beffardo, si apre il varco una timida umanità. "This must be the place" è (semplicemente) un racconto di formazione, in cui un adolescente fuori tempo massimo, un adulto senza eredi e senza prospettive ricomincia a immaginarsi un posto nel mondo.

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