lunedì 16 gennaio 2006

Recensione EYES WIDE SHUT

Recensione eyes wide shut




Regia di Stanley Kubrick con Tom Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Marie Richardson, Alan Cumming, Leelee Sobieski

Recensione a cura di Matteo Bordiga

Stanley Kubrick e la sua gioia, il suo senso di pieno, definitivo appagamento dopo il parto (lungo e travagliato) di "Eyes Wide Shut". Stanley Kubrick e l'abbraccio improvviso, sonnolento della morte, sopraggiunta a poche settimane dalla fine delle riprese. Non poteva esservi destino più poetico e drammatico per un regista che della poesia del dramma (e del dramma della poesia) aveva vissuto per 50 anni, da quando cioè, poco più che ventenne, aveva iniziato la formidabile scalata al successo e all'immortalità dell'artista. Stanley Kubrick era una uomo che non sapeva vivere senza avere sempre qualcosa su cui riflettere, su cui indagare. E il suo gusto per lo studio, l'introspezione dell'animo umano (unitamente a una grande conoscenza e sensibilità artistica) lo aveva condotto a girare lungometraggi di grande valenza contenutistica e di superlativa ricercatezza formale. Ultimo capolavoro, datato 1986, il pluriosannato "Full Metal Jacket", ovvero la follia umana precipitata nello zoo a stelle e strisce di un campo d'addestramento dei marines.

Stanley Kubrick, ci confida sua moglie Christiane, aveva un chiodo fisso, un problema che non era ancora riuscito a trasformare in opera d'arte, da illusionista della pellicola qual era: le angosce e i segreti di un "normale" rapporto di coppia. "Io e Stanley avevamo parlato tanto di questa cosa: vedevamo continuamente nascere, e poi apparentemente morire, problemi e incomprensioni all'interno di coppie sposate e non. Voglio dire, avevamo molti amici che attraversavano periodi devastanti: mariti e mogli si lasciavano, divorziavano per poi ricongiungersi o, in altri casi, cominciare una nuova vita. Stanley era attratto dalle ragioni che spingono un uomo e una donna a interrompere una relazione sentimentale, salvo poi lasciare aperto uno spiraglio alla riconciliazione. Le ragioni più intime e profonde, intendo, quelle di cui agli amici spesso non si può e non si vuole parlare..."

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