Recensione il sole
Recensione a cura di kowalsky
Nuovamente si pone l'accento sull'accademismo, in funzione della divergenza di un pubblico tradizionale: onde evitare quella categoria di ingessati spettatori "faticosamente" intelligenti, che al cinema pretendono la massima concentrazione e che si credono in teatro, la visione di questo film è consigliabile attraverso l'uso del dvd domestico. Quanto ai suddetti spettatori, non sono certo migliori dei fan sguaiati di Van Diesel, anzi.
In realtà il film di Sokurov, ultimo di una trilogia di potere iniziata con Hitler ("Moloch") e proseguita nell'epilogo sulla vita di Lenin, non è affatto accademico, non nei termini abusati per autori come, per esempio, un De Oliveira, quando egli sembra talvolta imporre il rigore assoluto e PERSUASIVO delle sue tesi. E' un'esperienza più letteraria che visiva questo film (ma forse non è neanche un film) che ti assorbe a poco a poco, pone dubbi e interrogativi, cresce e si espande esattamente come la mai doma affermazione di un potere che non accenna, neanche ai giorni nostri, a dimostrare la propria viltà.
E' una dimensione di coerenza, proprio quando il cinema di Sokurov ci appariva sempre così splendidamente schematico, rigoroso ma anche profondamente discontinuo nel suo lucido formalismo. Lontanissimo, com'è ovvio, dalla spettacolarizzazione fine a se stessa di un Bertolucci (nel suo biopic sull'ultimo imperatore della Cina) ma distante pure dal didattismo filosofico-scientifico de "il nuovo impero" di De Oliveira, è un'opera che sembra - come del resto tutto il cinema di Sokurov - affrontare la storia del mondo con un'urgenza "embrionale", come se tutto passasse dal desiderio espressivo di lordare la sua dimensione di cinema.
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