lunedì 2 aprile 2007

Recensione LA PALLA NUMERO 13

Recensione la palla numero 13




Regia di Buster Keaton con Buster Keaton, Kathrin McGuire, Ward Crane

Recensione a cura di Harpo (voto: 10,0)

Buster Keaton, ovvero, il più grande comico della storia del cinema muto. Poco conosciuto ai più e totalmente ignorato dal giovane pubblico, questo artista rappresenta la quintessenza del cinema non parlato. Esaminando il genere comico nella sua etimologia più stretta, neppure Chaplin ha mai raggiunto i livelli di questo grandissimo interprete.
Il cinema di Charlie, infatti, non è direttamente circoscrivibile a questo genere: "troppo comico per essere drammatico, troppo drammatico per essere comico", l'arte del grande genio inglese è assolutamente a sé stante ed emancipata da qualsiasi genere. Buster Keaton, invece, è il comico per eccellenza. Come tutti i grandi artisti del cinema, egli è riuscito a far evolvere questo genere, facendolo arrivare (nel muto) ai suoi massimi storici.

Se ai giorni nostri sembra che chiunque possa diventare un comico, negli anni '20 (e nei decenni a venire) il bagaglio di questi interpreti doveva essere a 360°: si pensi, per esempio, che Chaplin nei suoi film era l'attore protagonista, il regista, il musicista e lo sceneggiatore. Ne "La palla n. 13" Buster è regista, interprete e montatore. Ma ciò che contava più di ogni altra cosa in questo genere, era indubbiamente la "dote" recitativa dell'attore: nel muto, ovviamente, l'espressività del viso giocava un ruolo fondamentale e lo sguardo di Buster Keaton è rimasto indimenticato dagli appassionati. La sua freddezza, la sua noncuranza nel ricevere ogni forma di prepotenza da parte dei "cattivi" ha fatto scuola e il suo "sguardo di pietra" è una delle immagini più rappresentative del cinema d'essai.
Nella prima metà degli anni '20 Keaton raggiunse la sua massima popolarità. Dopo il 1927 (avvento del sonoro) il suo cinema (e in particolar modo tutto quello comico) pagò più di ogni altro "il non saper stare al passo con i tempi": la sua fama raggiunse in poco tempo i minimi storici ed egli non ebbe mai più parti importanti in nessun film. Solo nel 1959, Hollywood si ricordò di lui, donandogli l'Oscar alla carriera.

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