giovedì 19 aprile 2007

Recensione PERFECT STRANGER

Recensione perfect stranger




Regia di James Foley con Bruce Willis, Halle Berry, Giovanni Ribisi, Gary Dourdan, Nicki Aycox, Cynthia Loebe, Jason Antoon, Patti D'Arbanville, Richard Portnow

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 4,5)

Fin dove sei disposto ad arrivare per conservare un segreto?

Ignorando la risposta a tale quesito, ci si trova a porre un'altra domanda: fin dove sono disposti a spingersi gli autori contemporanei per realizzare un thriller dal finale sorprendente quanto l'eiaculazione in un coitus interruptus?
Non si può certo pretendere grandi cose da un film, i cui autori hanno dichiarato con un compiacimento incomprensibile di aver diretto tre finali differenti con tre assassini differenti.
Questo bisogno orgasmico di ricercare un finale con un imprevedibile colpo di scena, che stupisca il pubblico, è divenuto una pratica fine a se stessa, piuttosto sgradevole e che non nobilita in nessun modo le pellicole i cui autori, evidentemente ormai privi di idee, decidono di ricorrere a tale logoro cliché.
Un buon thriller non viene affatto pregiudicato da un finale prevedibile, se detta prevedibilità è conseguenza di una meticolosa preparazione e disposizione di indizi, oltre che di una rigorosa progressione logico-narrativa dell'evoluzione della vicenda. Anzi, in questo caso la prevedibilità, intesa come caratteristica intrinseca del processo logico-deduttivo, diventa un merito degli autori, che si dimostrano onesti tanto nei confronti del pubblico quanto nei confronti della storia narrata.
Un thriller che abbia una storia solida è ben costruita, inevitabilmente non può avere che un solo finale. Il fatto che gli autori di "Perfect Stranger" abbiano potuto permettersi di girarne tre differenti è già un referente chiarissimo della mediocrità e della disonestà del prodotto. È vero che grazie ad un'attenta osservazione delle sequenze, specie di quelle iniziali, l'identità dell'assassino sia facilmente intuibile, ma questo avviene solo a causa della sconcertante banalità della storia narrata. Girare tre finali differenti e che siano comunque possibili e credibili, implicherebbe in realtà girare tre film differenti. Poiché questo non è avvenuto, allora balza agli occhi di come, fino ad un certo punto della progressione narrativa della pellicola (praticamente quasi fino allo scadere dei centodieci minuti di durata), l'assassino potrebbe essere davvero chiunque. Infatti il film è disseminato di indizi che secondo una chiave di lettura possono portare ad un personaggio piuttosto che ad un altro, tutto dipende esclusivamente dalle rivelazioni finali. Sono tutti indizi, benché labili, volti a creare sospetti che vanno al di là di qualsiasi forzatura narrativa.
Gli autori di "Perfect Stranger" hanno infine adottato una soluzione, che in questa sede è inutile raccontare ed analizzare, che mette a dura prova il senso di realtà del pubblico. Una soluzione forzata e quanto mai improbabile, ma al tempo stesso prevedibile e scontata. Lo spettatore più accorto si sentirà schernito, poiché è come se il regista si mettesse di fronte a lui e gli dicesse: "La storia è mia e faccio capitare tutto quello che mi pare".

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