Recensione l'angelo ubriaco
Recensione a cura di amterme63 (voto: 10,0)
Akira Kurosawa non è solo il regista de "I sette samurai", "Rashomon", "Vivere", "Dersu Uzala"; la sua filmografia è piena di film "minori" che minori non lo sono per niente. Ce n'è soprattutto uno, "L'angelo ubriaco", che nonostante abbia più di 60 anni (è uscito nel 1948) è di un'attualità sconcertante, molto coinvolgente e di grande bellezza visiva.
Siamo nel Giappone che si sta rialzando dal disastro della Seconda Guerra Mondiale e Kurosawa, come i suoi colleghi italiani neorealisti, si fa poche illusioni sulla piega che ha preso la società civile sopravvissuta al nazionalismo.
Il suo sguardo coraggioso va a frugare dove in genere non si andava: nei bassifondi delle periferie (si pensi al contemporaneo cinema hollywoodiano, che evitava appositamente le situazioni degradate), dove domina l'incuria, la rassegnazione e l'indifferenza.
La società civile sembra non poter fare a meno di qualcuno che la opprima e la comandi. Passati i militaristi con la loro esaltazione ideale, ecco arrivare la mafia "Yakuza" che taglieggia i commercianti e impone con la paura la sua legge.
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