Recensione il sol dell'avvenire
Recensione a cura di The Gaunt
Alberto Franceschini, Roberto Ognibene, Tonino Loris Paroli, Paolo Rozzi, Annibale Viappiani, cinque uomini di mezza età, si rivedono insieme dopo molti anni e vanno a mangiare in una trattoria situata nei dintorni di Reggio Emilia, la stessa dove quasi quarant'anni prima alcuni di loro, Franceschini, Ognibene e Paroli, scelsero la via della lotta armata, entrarono in clandestinità e costituirono, insieme a Renato Curcio e Mara Cagol convenuti da Milano dopo l'esperienza universitaria di Trento, quel nucleo da cui sarebbero nate le Brigate Rosse, la cui storia, escludendo forse le nuovissime generazioni, è nota.
In un film completamente diverso nello stile ma accomunato dallo stesso tema di fondo, "La Banda Baader-Meinhof" del tedesco Uli Edel, la figura dell'Ispettore Herald si poneva il perché di una scelta così estrema, di capire la radice di tanta rabbia. In un certo senso questo è l'elemento centrale del documentario di Gianfranco Pannone, appunto il cercare di capire questo tipo di scelta: perché molti giovani di quella generazione intrapresero la lotta armata contro lo Stato e le sue istituzioni, perché tanti morti e feriti lasciati sul campo da ambedue le parti per oltre un decennio, il perché dei cosiddetti "Anni di piombo".
Pannone con questo documentario è ben lungi da costruire teoremi o speculazioni che possano valere per tutti coloro che scelsero la via del terrorismo. Il film non è una ricostruzione della storia delle Brigate Rosse, ma partendo dal quel soggiorno in quell'osteria avvenuto nel 1970, ponendolo come "momento zero" di quell'esperienza, il regista si concentra sul "prima" anziché sul "dopo", più o meno noto come già detto.
La Resistenza è stata tradita
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