Recensione riff raff, meglio perderli che trovarli
Recensione a cura di Mimmot
Fortemente critico della realtà sociale del suo paese, il regista inglese Ken Loach (conosciuto come "Ken il rosso"), dopo un periodo passato a girare cortometraggi per la tv, è tornato al cinema per farci un ritratto, realistico e inclemente, del mondo operaio e delle condizioni di vita dei lavoratori, nella disastrata Inghilterra ai tempi della Thatcher, attraverso la storia cruda, commovente, ironica e anche drammatica di un gruppo di operai edili durante il periodo del governo neoliberista della "Lady di ferro".
Un periodo che ha conosciuto impietose critiche da parte degli artisti più impegnati del Regno Unito (anche del campo musicale), che hanno saputo cogliere e denunciare le esplicite tensioni a livello politico e sociale che si stavano sviluppando nel paese.
Ken Loach, con la sua genuina carica ideologica, e coerente a un'idea di cinema documentaristico che lo ha portato ad interessarsi dei drammi del lavoro contemporanei, ha trovato così il modo di analizzare, con sguardo lucido, ironico e accorto, i risultati di un ciclo politico che ha prodotto un brutale ridimensionamento dello stato sociale, colpendo principalmente le classi meno abbienti della società inglese.
Ed è proprio ai suoi temi più cari che Loach fa ricorso per raccontarci una storia che parla di lavoro e di precarietà, di condizioni di lavoro estremamente deficitarie e di sfruttamento economico, ma anche di degrado ambientale e di squallore sociale.
Tutti temi ancora purtroppo attualissimi, perchè è triste constatare come la precarietà sia ancora aumentata, le garanzie sociali si siano ulteriormente ridotte e le morti sul lavoro siano ancora una bruciante, vergognosa realtà. E questo non solo Inghilterra, che ha un sistema di lavoro assolutamente diverso dal nostro e sicuramente migliore, ma in quasi tutto l'occidente e soprattutto da noi.
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