lunedì 13 febbraio 2012

Recensione J. EDGAR

Recensione j. edgar




Regia di Clint Eastwood con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Josh Lucas, Lea Thompson, Ed Westwick, Armie Hammer, Dermot Mulroney, Judi Dench, Jeffrey Donovan, Stephen Root

Recensione a cura di Fiaba (voto: 7,5)

La maschera bianca di un morto celebre - in verità quella che indosserà celando(si) la verità - e lunghi fucili ordinatamente sistemati (armi di difesa contro un Nemico purché sia). Ha i tratti somatici del cinema di Clint Eastwood "J. Edgar", che con questi oggetti significanti comincia la sua ricognizione/(raf)figurazione di Hoover, lo storico imperatore del Federal Bureau, poi conosciuto come (e fortificato in) FBI, che stroncò bolscevichi e radicali rimpatriandone la maggior parte, risolse il caso Lindbergh, avvallò il maccartismo e perseguitò comunisti e pantere nere, attraversando indenne il governo di otto presidenti americani, da Wilson a Nixon.

Persona(ggio), dunque, respingente, che tentò per tutta la sua vita (più appropriato definirla la sua missione, il suo incarico) di tenere in piedi il baluardo scricchiolante della bandiera americana,la sua madre patria, con un invasato patriottismo che giunse a farne l'asettico mitizzatore della propria figura, auspicante di divenire eroe nazionale mentre per tutta la vita rimaneva a guardare i veri, iconici idoli dal suo balcone. Ma Hoover fu anche il geniale stratega in grado di creare un canale di centralizzazione tramite un'organizzazione di vasi comunicanti, di captare (poi tramutandola in ossessione di controllo) l'essenzialità dell'informazione, di mettere i bastoni fra le ruote al Ku Klux Klan, di attutire la criminalità nel paese. E tuttavia era molto più di un furbo ispettore federale, o molto meno, J. Edgar, nemico dell'inadempienza politica, che considerava segno di slealtà persino un abbigliamento inappropriato, che si faceva intorno terra bruciata di qualsiasi contrasto di pensiero, che era solo ancor più che solitario, e sul quale troneggiava dominante, limitando la sua personalità, l'altera Madre Padrona dalle parole taglienti come lame spietate ("meglio un figlio morto che un figlio gerbera" dichiara nel buio affilato una spaventosa Judi Dench). Da lei Hoover era totalmente soggiogato, e la sua morte su pellicola dà adito alla cannibalizzazione di un momento alla "Psycho" che la bravura di Leonardo DiCaprio rende dolorosissimo: quando arriva a diventare la madre, pur di fustigare e castigare per l'ennesima volta la propria debolezza, e strapparsela forzandosi addosso le catene materne.

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