martedì 1 agosto 2006

Recensione 8 MILE

Recensione 8 mile




Regia di Curtis Hanson con Eminem, Kim Basinger, Brittany Murphy, Mekhi Piffer, Eugene Bird, Omar Benson Miller, Taryn Manning, Evan Jones, De'Angelo Wilson, Xzibit

Recensione a cura di Giordano Biagio

"8 Mile" di Curtis Hanson è il primo vero "musical hip hop" della storia del cinema. Un film serio, che riesce a calarsi nella rabbia, l'insicurezza, l'odio, la frustrazione degli adolescenti americani contemporanei che vivono emarginati in diverse zone degli Stati Uniti. Giovani vittime di alcuni selvaggi processi di ristrutturazione capitalista.
Hanson costruisce un film geniale che oltre a coinvolgere emotivamente, per le tecniche di spettacolo messe abilmente in moto, insegna anche qualcosa.
E' un'opera che da un'angolazione un po' più sociologica e storica fornisce uno spaccato autentico della vita dei bassifondi americani: insicura ma effervescente, con qualche speranza futura. Quest'ultima spesso solo immaginaria perché creata dalla follia, ma fedele e calda come un angelo amico in mezzo alle mille difficoltà quotidiane del sopravvivere.

Hanson probabilmente è riuscito a trovare subito il linguaggio visivo e musicale giusto: quello già presente nei luoghi oggetto di ripresa. Luoghi da cui è scaturita una fedele riproduzione dei modi musicali, gestuali, e dello stile che contraddistingue gli abiti e la moda dei componenti del nucleo sociale nero di Ditroit.
L'opera di Hanson è stupefacente per quella splendida musica rap associata ad atmosfere scure: tenuemente illuminate da luci artificiali spesso situate in interni desolanti e poveri, o in strade semi abbandonate.
Le riprese della telecamere si assumono il peso maggiore della narrazione perché si caricano, strada facendo, di ricchi significati che trasmettono, da soli, il senso di quel che sta accadendo: spesso ciò accade silenziosamente e con lunghi piani sequenza.
Il film acquista via via spessore comunicativo e precise configurazioni delle sue coordinate sociali grazie all'inserimento nelle scene di un club hip hop che risulterà il vero e proprio dispositivo motore del film di Hanson. E' un circolo di emarginati di colore dove si svolgono alcune freestyle battle: gare verbali a rima libera tra rappers.

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