Recensione lola montes
Recensione a cura di kowalsky
Max Ophuls è stato per diverse ragioni un autore fondamentale: egli ha usato la rappresentazione teatrale e cinematografica per raccontare il palcoscenico della vita, dell'amore, del dramma e della morte. In un certo senso, condizionato sia dal feuilleton che dal decadentismo europeo, ha saputo interagire sui personaggi, approfondendo il loro ruolo nella storia: si può dire che la rappresentazione sortiva un effetto speculare ai protagonisti dei suoi film e alle rispettive vicende.
La carriera di Ophuls è stata più volte interrotta e ripresa da eventi personali e sociali (la fuga dal nazismo, la seconda guerra mondiale) che lo hanno costretto all'esilio in Austria e il Francia (dove ha ottenuto la cittadinanza), e, successivamente negli Stati Uniti - con una brevissima parentesi italiana negli anni 30" ("La signora di tutti"), e infine con il ritorno in Francia negli ultimi anni della sua carriera, fino alla morte avvenuta nel 1957.
La rappresentazione scenica, specialmente nell'ultimo arco di vita e carriera, è fastosa e volutamente barocca, tecnicamente minuziosa, e soprattutto è ancor oggi uno straordinario esempio dell'uso della macchina da presa.
Ophuls non si ricorda oggi solo per le raffinate riduzioni cinematografiche di classici letterari (Maupassant, Schnitzler, Goethe), ma anche per una particolare tecnica ispirata probabilmente alle ardite sperimentazioni del cinema muto dei primi del XX secolo: la camera che si muoveva circolarmente attorno a un soggetto statico. Per questa ragione, egli fu un degno prosecutore dell'arte di Melies, e ispirò a sua volta diversi autori contemporanei.
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