Recensione sleuth - gli insospettabili
Recensione a cura di kowalsky (voto: 6,5)
1972: Micheal Caine, affermato attore inglese di cinema, teatro e televisione, si trova a lavorare al fianco di Sir Laurence Olivier, un nome che non ha bisogno di presentazioni. In seguìto a quell'esperienza, Caine dichiarò che si trattò della più grande occasione professionale della sua vita, e non stentiamo a crederci.
Il film era "Gli insospettabili", ultima regia di Joseph L. Mankiewicz, adattamento di un racconto di Anthony Shaffer, già sceneggiatore del sottovalutato "Frenzy" di Hitchcock; praticamente un cocktail in cui i cliché del thriller, del noir, del giallo classico o anche delle spy-stories si amalgamavano in una raffinata black comedy: un film che colpiva gli spettatori proprio all'insegna della sua ingegnosa abilità narrativa.
Qualcosa di quell'esperienza dev'essere rimasta allo stesso Caine, da cui si può facilmente estrarre dalla sua sterminata filmografia di attore un'altro film ("Deathrap - trappola mortale", 1982, con Christopher Reeve, di Sidney Lumet) che in qualche maniera presenta uno script affine a quell'opera ambigua, amorale e incisiva.
Trascorsi 35 anni da quel film, Kenneth Branagh propone un fedele remake affidandosi alla sceneggiatura di un redivivo ma ancora zelante Harold Pinter.
Probabilmente un Joseph Losey, se fosse ancora vivo, avrebbe catturato con meno rigorosità il climax dello script di Shaffer (Pinter e Losey, come molti sanno, hanno lavorato spesso insieme).
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