martedì 5 febbraio 2008

Recensione HOTEL MEINA

Recensione hotel meina




Regia di Carlo Lizzani con Federico Costantini, Benjamin Sadler, Ursula Buschhorn, Ivana Lotito, Ralph Palka, Silvia Cohen, Ferdinando Murolo, Adriano Wajskol, Federico Pacifici

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Nell'analisi di un film sarebbe indispensabile chiarire bene fin da principio in quale ambito ci si muova, e con quali intenzioni.
La pregiudiziale si impone con autori molto eclettici, abituati ad operare su piani diversi, con linguaggi differenti. In tal caso lo studio critico dovrebbe inizialmente individuare la priorità dei diversi livelli, analizzandoli separatamente. In un documentario, ad esempio, si pretende una veridicità assoluta ed essenziale sul piano della informazione, in mancanza della quale lo stesso non avrebbe ragione di esistere.
Lo stesso varrebbe nel caso di un film storico vero e proprio, che tenda a rappresentare un'epoca attraverso fatti e vicende reali.
In altri casi, come nel romanzo ottocentesco, possono coesistere vicende private di fantasia, se pure con rispettoso riguardo alla credibilità del contesto temporale.
Per culminare, estremizzando, con il genere più commerciale della fiction, dove lo sfondo epocale serve da semplice supporto a racconti di pura fantasia per una lettura "leggera".
Che esista un modo unico ed obbligato di condurre un racconto cinematografico proprio non si può dire, e neppure che i diversi generi non possano miscelarsi assolutamente. Ma in questo caso il dovere del critico diventa innanzitutto quello di valutare se le diverse componenti si siano integrate armoniosamente ed in modo compiuto.

La lunga premessa si rende necessaria per entrare nel merito del giudizio su "Hotel Meina", uscito nelle sale nei giorni commemorativi dell'olocausto, ultimo lavoro del celebratissimo regista Carlo Lizzani, per il quale valgono le riserve sopraccitate.
Eclettico professionista, il nostro autore ha spaziato nella sua lunga carriera su fronti molto diversi: maestro del documentario, che l'ha portato a sposare la causa del neorealismo impegnato prima, e del cinema storico poi, ha iniziato in effetti come validissimo sceneggiatore dei più famosi film del dopoguerra, lavorando con Francesco De Santis e Roberto Rossellini.
Passato alla regia con film di azione su gravi fatti di cronaca nera ("Achtung Banditi", "Il Gobbo", "Banditi a Milano") , passava poi a produzioni più rigorosamente storiche come "Il processo di Verona" o il recente "Maria Josè" televisivo. A tanta esperienza andavano ad aggiungersi la frequentazione amichevole e la proficua collaborazione coi più grandi registi dei nostri tempi, da Godard a Bellocchio, da Antonioni a Pasolini ed altri ancora.

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