Recensione un borghese piccolo piccolo
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Recensione a cura di Marco Iafrate (voto: 9,0)
Le leggi della natura impongono delle regole alle quali l'uomo non si può sottrarre: noi nasciamo, viviamo e moriamo in un ciclo continuo che regola la specie, ma a volte capita che il destino, magari sotto forma di un proiettile vagante, interrompa bruscamente questo naturale andamento delle cose e trasferisce all'uomo, impreparato ed incredulo, il dolore più grande che egli possa sopportare: la morte del proprio figlio. "Un borghese piccolo piccolo" è la cronaca di questo dolore.
Mario Monicelli non si fa sfuggire l'occasione che gli si propone con la lettura dell'omonimo romanzo di Vincenzo Cerami - alla sua opera prima - di descrivere in maniera così crudelmente reale i mali che iniziano ad affliggere l'Italia negli anni '70: i patetici meccanismi della burocrazia statale, la crisi psicologica e sociale della piccola borghesia, il dilagare della violenza e la loggia P2; la spensieratezza che aveva contrassegnato gli anni '50 e '60, portata sul grande schermo soprattutto da Monicelli con la commedia all'italiana, è completamente naufragata, e si aprono scenari decisamente più drammatici.
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