Recensione exils
Recensione a cura di Mimmot
Il diciannovesimo titolo della filmografia di Tony Gatlif, vincitore del premio per la miglior regia a Cannes 2006, ad una attenta rilettura si rivela un'opera estremamente importante, specialmente in un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui gli egoismi, le paure, i calcoli politici, l'integralismo estremista di fronte al diverso o al non omologato tentano di contrapporre le culture e ne indicano alcune come fossero il "male", rendendoci così orfani di altre storie ed altri volti, altri suoni, altre etnie, altri luoghi, altre esperienze.
"Exils" nasce perciò dall'esigenza del regista di stimolare il pubblico a guardare al di là dell'orizzonte, per portarci in un luogo dell'anima dove ognuno di noi può diventare veramente se stesso e può riappropriarsi delle proprie radici e delle proprie origini.
Un luogo in cui ognuno di noi può dismettere il dolore e rinascere più completo e purificato.
La magia di "Exils" nasce dalla forza metaforica delle immagini, dalla ossessiva bellezza della musica, dall'esaltazione degli spazi e dei colori, dal linguaggio dei corpi nudi di Zano e Naima, fragili e indifesi di fronte al luogo-esilio che li ha fatti diventare adulti ma li ha resi fragili, e per questo determinati a riappropriarsi del luogo-grembo che li ha partoriti.
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