mercoledì 9 aprile 2008

Recensione GIOVENTU' BRUCIATA

Recensione gioventu' bruciata




Regia di Nicholas Ray con James Dean, Natalie Wood, Sal Mineo, Jim Backus, Ann Doran, Dennis Hopper

Recensione a cura di amterme63 (voto: 8,0)

"Gioventù bruciata" ("Rebel without a cause"), di Nicholas Ray, uscito nell'ottobre 1955, è il film che ha consacrato il mito di James Dean; oltre a questo, rappresenta una delle prime opere cinematografiche in cui si tenta di rompere la cappa di ipocrisia, conformismo e perbenismo che imperava nel cinema americano dell'epoca.
Più che di violenza giovanile, il film tratta di temi scottanti come la crisi della famiglia tradizionale, l'affermarsi del modello della "banda" di giovani, il disagio esistenziale derivante dal benessere e dalla noia, l'esigenza di espressione libera della propria identità soprattutto sessuale. Ci si limita però a suggerire l'esistenza di atteggiamenti anticonvenzionali (stimolando così la morbosità repressa degli spettatori), senza contestare apertamente l'ordine morale imperante; in altre parole, non si ha ancora il coraggio di sfidare il "Codice Hayes", quelle serie di norme censorie che le major hollywoodiane si erano autoimposte dagli anni '30 per venire incontro all'ondata moralizzatrice che aveva investito l'opinione pubblica americana.
Negli anni '50 si hanno i primi segni di un allentamento di questi vincoli: gli Stati Uniti vivevano un periodo di grande sviluppo economico e benessere crescente ed i giovani possedevano denaro e tempo libero, però avevano il problema di come impiegare questi nuovi mezzi a disposizione; volevano vivere in maniera diversa, più libera e intensa, ribellandosi alle rigide norme morali, solo che non sapevano come fare: da qui il loro sentimento di incertezza e inquietudine che a volte assumeva forme plateali e violente.
Il cinema fiutò l'aria e fece uscire alcuni film di successo che parlavano di ribellione giovanile come "Il selvaggio" ed "Il seme della violenza". Anche la Warner Bros volle sfruttare il tema, ed incaricò lo sceneggiatore Stewart Stern di ricavare un soggetto dal libro di Robert Lindner "Rebel without a cause. The hypnoanalysis of a criminal psycopath". Stern mantenne solo il titolo dell'opera e stese una storia nuova che trattava delle inquietudini di tre giovani della buona borghesia alle prese con problemi familiari, di inserimento sociale e identità sessuale. Al regista Nicholas Ray piacque molto la storia e dedicò grandi cure nella scelta degli attori e nella realizzazione.
Il risultato è un film il cui pregio sta soprattutto nel pathos delle scene e nella partecipazione molto intensa che hanno gli attori alla storia, la quale di per sé soffre di tutti i difetti, le falsità e le forzature delle trame hollywoodiane.

La prima scena si svolge in un commissariato di polizia la sera di Pasqua e serve a presentare il carattere dei tre protagonisti.
La giovane Judy (Natalie Wood) è fuggita di casa perché suo padre "l'ha trattata male". Il suo atteggiamento rivela un bisogno quasi morboso di attaccamento e di sfogo amoroso verso una figura forte e autoritaria; per questo il suo legame con il padre assume contorni quasi da incesto. Nel corso del film si legherà al teppista Buzz, perché si dimostra il più "virile". Infine trova nel coetaneo Jim (James Dean) la persona che fa per lei, dolce e forte allo stesso tempo. Nel personaggio di Judy troviamo le contraddizioni delle ragazze dell'epoca, così perbene, timide ed educate ma allo stesso tempo vogliose di appagamento sensuale.
Al commissariato c'è anche l'adolescente John, detto Plato (interpretato da Sal Mineo, per l'anagrafe Salvatore Mineo), che vive trascurato dai genitori con la sua governante di colore. E' un ragazzo studioso, timido, delicato e rabbioso allo stesso tempo; la sua natura lo porta a provare in segreto un'affetto di natura omosessuale. Già il soprannome (Platone) suggerisce un tipo di sentimento bloccato nella sua espressione (l'amore platonico), come pure richiama l'autore del "Simposio", dove si annovera anche l'omoerotismo fra le tante facce dell'amore. Dal suo armadietto scolastico esce fuori la foto di un bell'attore (Alan Ladd). La sua preferenza per Jim è a dir poco smaccata ed è fatta di tante attenzioni e sguardi amorosi.
La scena al commissariato si conclude presentandoci il personaggio di Jim alle prese con la propria famiglia, composta dal padre debole e incerto, la madre bisbetica e la nonna acida. Si tratta di figure poco verosimili, quasi delle macchiette; esagerando si vuole però ritrarre un quadro familiare comune, fatto di litigi, materialismo, ipocrisia e convenienze.
Jim del resto soffre moltissimo la mancanza di un punto di riferimento certo per poter far ordine nel suo groviglio interiore, e fra le sue incertezze c'è anche quella sulla sua identità sessuale. La sua tendenza spontanea lo porta a corteggiare Judy, ma allo stesso tempo però non resta insensibile alle avances di Plato. La natura bisessuale è forse più difficile da gestire interiormente rispetto a quella omosessuale: Jim non sa cosa fare e soffre, soffre con scatti di rabbia e violenza, intervallati da sguardi di paura, dolore e smarrimento. Non ha mai una postura normale o diritta, ma lo si vede spesso disteso di traverso, adagiato mollemente, o camminare felpato e un po' incerto, in ogni caso sempre con qualcosa che lo rode dentro.

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