Recensione tutta la vita davanti
Recensione a cura di GiorgioVillosio
Neo laureata in filosofia, la giovane Marta viene assunta in un call center, lavoro precario, alienante e squallidamente competitivo; ma precario è pure tutto quello che le si muove intorno. Solo alla fine troverà soluzione a tanto disagio, recuperando una dimensione più umana di affetti familiari e di onestà.
Sgombriamo innanzitutto il campo da alcuni equivoci: "Tutta la vita davanti" viene presentato come il film sul lavoro giovanile precario, ma non è solo questo. Inoltre, per il cinema di Paolo Virzì si continua a scomodare il termine di "commedia all'italiana" in modo non appropriato e riduttivo.
Il genere "all'italiana" si differenzia sostanzialmente da quello generico della commedia brillante per specifici contenuti di satira del costume e dell'ambiente borghese del suo periodo di auge: a cavallo degli anni '50 /'70, a seguito del miracolo economico e della trasformazione della nostra società da agricolo-industriale a piccolo borghese, indistintamente.
Altra differenza è rappresentata dal contesto locale. La commedia all'italiana classica era in prevalenza un fatto romano come ubicazione, linguaggio e realtà socio-culturale, in una dimensione dove trionfavano possibilismo, pressappochismo e tendenza a "tirare a campà"; dove una giornata "se rimedia", non "si guadagna". Le storie ivi narrate fondavano le radici nell'humus precedente del neorealismo italiano del dopoguerra, pur facendo sorridere.
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