giovedì 24 aprile 2008

Recensione MONSIEUR VERDOUX

Recensione monsieur verdoux




Regia di Charles Chaplin con Irving Bacon, Marilyn Nash, Isobel Elson, Martha Raye, Charles Chaplin

Recensione a cura di peucezia

Dopo un lungo silenzio, Charles Chaplin torna sugli schermi cambiato. Se ne "Il grande dittatore" il personaggio che lo aveva reso riconoscibile prima, noto poi, celeberrimo e immortale in seguito, continua ad esistere sia pur trasfigurato e parlante, ora questo personaggio, il buffo Charlot dal baffo comico ma un po' inquietante, è scomparso anche se nella mimica, negli atteggiamento e nello sguardo biricchino lo spettatore più attento lo riconosce.
Ora Chaplin indossa i panni di un gentiluomo di mezz'età dal capello brizzolato e impomatato e il baffetto (baffi anche qui ma più alla moda) da conquistatore, porta un fiore all'occhiello che di tanto in tanto annusa con voluttà ed è garbato ma cinico. Un amorale insospettabile emulo di Landru e Barbablu ma non animato come questi due personaggi da un demone che spinge inesorabilmente a uccidere, bensì guidato dalla necessità di sopravvivere e di far sopravvivere gli esseri che ama.

Verdoux vive tra le due guerre, periodo quanto mai compromesso, epoca che non dà spazio alla poesia nè alla bellezza della vita, ma che è invece portavoce di tutte le nefandezze di cui un essere umano può essere capace.
Dopo essere stato licenziato, con una moglie malata ed un figlio piccolo a carico, Verdoux non esita a sposare donne ricche e anziane e a ucciderle sviluppando una doppia crudele personalità da consapevole Dott. Jekyll e Mr. Hyde.
Impossibile affidare questo ruolo al tenero vagabondo Charlot; la guerra e tutti gli avvenimenti da essa scaturiti lo hanno ucciso. Impossibile poi mostrare ancora Charlot quando un uomo simile a lui (se non altro nel buffo baffetto unico) ha seminato ovunque dolore e morte.
Verdoux è una maschera impassibile, simbolo di quella società borghese pronta a scavalcare qualsiasi cosa per il proprio tornaconto fosse anche almeno alla base buono (la necessità di mantenere una famiglia dopo la perdita del proprio lavoro).

[...]

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