lunedì 28 aprile 2008

Recensione VIRIDIANA

Recensione viridiana




Regia di Luis Buñuel con Francisco Rabal, Silvia Pinal, Victoria Zinny, Teresa Rabal, Fernando Rey, Margarita Lozano

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 9,0)

Questo splendido ed indimenticabile film di Bunuel, oggi di difficile reperimento, esce nel 1961, in una Spagna ancora povera e teatro di molte superstizioni religiose.
Si avverte nel Paese la mancanza di un corso politico nuovo capace di mettere in moto un processo verso la democrazia; la nazione è egemonizzata da un cattolicesimo pigro, autoritario, non del tutto autonomo da una dittatura borghese sempre più aggressiva e decisa a dettare condizioni e regole di vita. La Spagna agli inizi degli anni '60 è un Paese molto arretrato, la gerarchia ecclesiastica si sostiene su una tradizione vetusta che ostacola il nuovo portando i giovani predicatori a gravi crisi di identità; è proibita qualsiasi libera manifestazione di idee politiche innovative o pensieri legati ad un mondo più astratto, artistico, e l'isolamento della Spagna dall'Europa più democratica e civile è pressoché totale.

In questo difficile e triste contesto storico Bunuel produce un film scandalo, di grande efficacia provocatrice, basato sulla descrizione e rappresentazione letteraria di un percorso di fede in una donna, Viridiana, sul punto di entrare in convento; la novizia monaca, sospinta dal proprio passato e da eventi sfortunati, si trova a percorrere suo malgrado i sentieri più ambigui e stranianti della mondanità laica.
Il personaggio protagonista del film, Viridiana, ha un nome che ricorda una santa italiana vissuta ai tempi di San Francesco; la donna sembra posseduta da una fede ferrea, il suo sguardo è spesso assente, rapito, a volte estasiato, tale da far pensare a una scelta religiosa radicale.
Alla vigilia dell'investitura la madre superiora informa la donna dell'arrivo di una lettera dallo zio, l'anziano Don Jaime (Rey), che chiede di vederla.
L'uomo un tempo si era preso cura di Viridiana permettendole di studiare e di farsi una dote; ha avuto una vita difficile, perchè rimasto vedovo già dalla prima notte di nozze. Viridiana non è contenta della notizia: non nutre affetto per lo zio, con cui ha avuto un solo incontro molto tempo prima, ma la madre superiora, ricordandole l'importanza cristiana della riconoscenza, la convince a far visita per alcuni giorni a Don Jaime.
All'arrivo nella dimora dello zio, Viridiana nota che il podere è alquanto trascurato, spoglio, privo di ogni attività, tale da far credere alla donna che l'uomo a cui fa visita sia in crisi.
Don Jaime predilige una vita estetica e contemplativa: ama la musica, i libri, gli oggetti d'arte, ed è affetto da alcune forme di nevrosi che si manifestano periodicamente con sintomi feticistici, impulsi irrefrenabili durante i quali accarezza il vestito da sposa e le scarpe da cerimonia della moglie defunta immergendosi in un'atmosfera ritualistica di adorazione-ricordo per l'amata, una rievocazione struggente che si confonde con il delirio. Don Jaime vive ossessionato dalla scomparsa della bella consorte, e a causa della nevrosi che lo tormenta vede in Viridiana, simile nel viso e nell'andatura alla defunta, l'occasione per sostituirla.

[...]

Leggi la recensione completa del film VIRIDIANA su filmscoop.it

Nessun commento: