lunedì 26 maggio 2008

Recensione CACCIA SPIETATA

Recensione caccia spietata




Regia di David Von Ancken con Pierce Brosnan, Liam Neeson, Angie Harmon, Anjelica Huston, Jimmi Simpson

Recensione a cura di Mimmot

Arrivato in Italia con due anni di ritardo rispetto alla sua prima apparizione americana nel 2006 e distribuito in poche sale in tutto e per di più con un'improponibile traduzione del titolo originale ("Seraphim Falls"), che fa pensare più ad un action-movie di serie B piuttosto che ad un film che si muove nel solco della tipologia di uno dei generi fondanti del cinema americano, e più in generale di quello occidentale, "Caccia spietata" è un film duro, cruento, sanguigno e sanguinolento, un new-western inusuale (almeno nella sua accezione odierna), che racconta paradossalmente la più usuale delle storie western: la caccia all'uomo per vendetta.
Un rewind-western, dunque, intenso e appassionante, cupo ed eroico, metafisico a tratti.
Un film che lascia il segno come pochi, girato con rigore quasi esistenziale e che, dopo anni di oblio, segna la rinascita di un genere che ha acceso il nostro immaginario eroico-avventuroso, e che si è progressivamente evoluto, passando dalla rappresentazione tipicamente americana del mito della frontiera, ad una serie infinita di generi e sottogeneri, filoni e sottofiloni, con caratteristiche sempre più prettamente autoriali e di nicchia.

Il merito di ciò è da attribuire al giovane ed eclettico regista David Von Anken (qui anche co-sceneggiatore), al suo primo lungometraggio.
Formatosi alla scuola TV (sue sono le regie di un cortometraggio di successo e di alcune serie televisive di qualità come "NY", "CSI", "Numb3rs" e "Californication"), il giovane regista ha saputo affrancarsi dalla tecnica televisiva, costituita essenzialmente da azioni rapide e sintetiche, sottolineate da un linguaggio verboso ed esplicito, in favore di uno stile personalissimo (che ricorda molto il cinema di Sergio Leone) e molto lontano dai canoni TV, che si esplicita attraverso una struttura narrativa che tende a privilegiare l'ostilità della natura selvaggia o gli istinti primordiali dell'animo umano, sui dialoghi (qui ridotti all'essenziale e costituiti principalmente dai mugugni e dai lamenti degli uomini, dai rumori e dai silenzi della natura), e sulla classica contapposizione tra buoni e cattivi (impossibile distinguere chi sia l'uno e chi l'altro), o tra bianchi e indiani o, ancora, sulla dura fatica dell'uomo per la conquista del selvaggio west.

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