Recensione nazarin
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Recensione a cura di kowalsky (voto: 10,0)
"LE COSE APPARTENGONO A CHI NE HA BISOGNO".
Chiunque provi a rivedere dopo tanti anni un qualsiasi film di Bunuel rischia di ritrovarsi spiazzato: pochi frammenti costituiscono il perno sintetico di un'opera che è - come tutti sanno - assai complessa sia nella simbologia che nel suo imprevedibile intreccio: al di là della forza stilistica del cinema Bunueliano, ciò che prevale è una sorta di ambiguità ideologica e teologica, ambiguità che a ben vedere costituisce una delle fonti essenziali del suo cinema. Come in molti uomini dichiaratamente atei, l'elemento religioso e la dissacrazione volutamente "eretica" (che a dire il vero rappresenta soltanto una personale visione dei temi suddetti), sacro e profano convivono in una sorta di perenne trait d'union, atti a sintetizzare le contraddizioni del bene come del male, e le sue molteplici sfaccettature. Anche il realismo nudo e crudo del regista, fin dai tempi del discusso e magnifico "I figli della violenza" (1950) da una parte sembra prendere le distanze dal neorealismo attraverso metafore surrealiste, dall'altra sembra consacrarsi a una rappresentazione sociale aspra e mai "buonista", quasi più vicina alla sperimentazione sociale di certi cineasti francesi (Bresson) che a quella di De Sica o Rossellini.
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