martedì 17 gennaio 2012

Recensione CHI E' CCHIU' FELICE 'E ME!

Recensione chi e' cchiu' felice 'e me!




Regia di Eduardo De Filippo con Valeria Moriconi, Gennarino Palumbo, Eduardo De Filippo, Enzo Cannavale, Nina De Padova

Recensione a cura di elio91 (voto: 8,0)

"Chi è cchiù felice 'e me" rappresenta un'altra tappa importante nella carriera teatrale di Eduardo De Filippo. Ambientata in campagna (una rarità per le commedie eduardiane, solitamente localizzate in città con esponenti di piccola o media borghesia) e lo scarto tra città e campagna rimane uno dei motivi centrali della commedia. Si fa inoltre sempre più chiara la presenza di un certo tipo di crudeltà verso i protagonisti, dello sberleffo che li coglie a partire sin dal titolo, che come vedremo non è solo il tormentone con cui il protagonista tenta di convincersi che tutto gli vada bene, ma anche l'amara constatazione della sua inesattezza.

Vincenzo è un piccolo possidente terriero a cui davvero si può dire non gli manchi nulla: ha una bellissima moglie laboriosa e previdente (come non mancano di notare gli amici gelosi), ha una bella casa, è agiato e non corre rischi. Ci tiene a confermarlo lui stesso agli amici, cui rifiuta il piacere di un affare perché troppo rischioso. In realtà lui si avvia solo verso la sicurezza, non vuole che gli manchi nulla e addirittura (in uno dei momenti più umoristici) confida ai compagni che perfino il rosolio da offrire agli ospiti è razionato secondo i giorni, per non creare disequilibrio nei conti di fine mese.
Se quindi inizialmente la previdenza di Vincenzo ce lo fa apparire come una persona normale come tante, si capisce dalla sua esagerazione che in verità così non è e la sua è una visione estremamente limitata e ottusamente borghese. Così come ignoranti e limitati sono i borghesi di campagna, i "compari" che lo vanno a trovare dopo un viaggio a Napoli. E' il momento in cui Eduardo illustra il contrasto città - campagna ma senza idealizzare quest'ultima come faceva Rousseau, bensì ponendola sotto una luce ambigua, ristretta, dove i villici fanno brutte figure a casa dei conoscenti cittadini, non conoscendo le usanze più comuni (l'acqua per lavarsi le mani a tavola è un occasione per fare brutta figura). Giunti alla fine del primo atto, che serve ad illustrare la sicurezza di Vincenzo e la devozione della bella moglie Margherita, Vincenzo continua a ripeterselo tra sé, come un mantra o una preghiera da recitare: "Noi stiamo bene, che ci può succedere a noi, non manchiamo di nulla". E nel momento esatto in cui la preghiera finisce non viene esaudita, anzi accade lo sconvolgimento interno e il ribaltamento della situazione: uno sconosciuto si introduce in casa di Vincenzo, lo obbliga ad aiutarlo perché inseguito dalla polizia dopo aver sparato ad un tale e Vincenzo, suo malgrado, lo nasconde in casa.
Finisce il primo atto in sospeso: sarà da questo momento in poi che la commedia acquista un significato ancora più sarcastico.

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