lunedì 20 febbraio 2006

Recensione MUNICH

Recensione munich




Regia di Steven Spielberg con Eric Bana, Daniel Craig, Geoffrey Rush, Mathieu Kassovitz, Hanns Zischler, Ciarán Hinds

Recensione a cura di Gabriele Nasisi

Olimpiadi di Monaco, 5 Settembre 1972. Un commando di terroristi palestinesi prende in ostaggio gli undici membri della nazionale olimpica israeliana. La loro richiesta è il rilascio di duecento palestinesi incarcerati durante il conflitto con Israele. Una volta raggiunto l'aeroporto di Furstenfeldbruck le teste di cuoio tedesche intervengono. Durante la sparatoria tutti gli ostaggi vengono freddati dai sequestratori.
L'antefatto,riproposto con un'attenzione quasi pedante ai fatti realmente accaduti durante il giorno che darà origine al "Settembre Nero", immerge sin da subito la narrazione nel contesto storico-causale del film. Un sapiente montaggio alterna le fasi del sequestro ai contributi televisivi, preferendo tuttavia, non mostrare ancora il suo epilogo ma raccontandolo solamente,per mezzo dei numerosi telegiornali che si alternano nelle televisioni di tutto il mondo (più di 900 milioni di persone assistettero in diretta all'evento). L'improvvisa fame di aggiornamenti è attesa sia dai familiari delle vittime che da quelli dei carnefici. La reazione dei servizi segreti israeliani non si fa attendere: l'ebreo Avner, ex-agente del Mossad, è messo a capo di un gruppo costituito da altri 4 agenti speciali il cui compito è quello di stanare in giro per l'Europa undici palestinesi accusati di essere i mandatari dell'attentato.

Indovinando l'importanza dei mezzi di comunicazione di massa (le bombe fanno "più rumore" delle pallottole) in una guerra che si gioca proprio sull'eco che ogni azione violenta suscita, il gruppo di Avner ricorre all'arma esplosiva per neutralizzare i sospettati. Avner non rientra nello stereotipo hollywoodiano dell'eroe glaciale poiché non riesce a essere "spietato". Ma soprattutto, Avner ha una famiglia, e diventerà padre di una bimba mentre le sue azioni insanguinano l'Europa (e non solo). Allo stesso modo è un'atmosfera tipicamente familiare che avvolge il gruppo, in netto contrasto con quello che sono i suoi scopi. Preparando continuamente lauti pranzi che oltrepassano sovente l'eccesso, Avner si impegna in prima persona a ricreare quel clima di cui non può godere considerata la distanza che lo separa dal suo "nido". Non casualmente si ferma spesso ad osservare una vetrina che espone una cucina, sintesi perfetta dei suoi desideri, allegoricamente interrotti dal suo contatto in Francia che lo richiama al lavoro. Ogni omicidio che traccia il cammino del capo ebreo mostra in lui un volto umano in continua evoluzione.

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