Recensione truman capote: a sangue freddo
Recensione a cura di maremare
Per la sobria regia di Bennett Miller e con la "mostruosa" interpretazione di Philip Seymour Hoffman (indebolita per l'Italia da un doppiaggio troppo caricaturale rispetto alla voce originale), "Truman Capote: a sangue freddo" appare essere un'operazione interessante.
Tratto dalla biografia di Gerald Clark (già alla prova con la vita di Mae West, Elizabeth Taylor e Joseph Campbell), il regista ambisce ad imitare lo stile del romanziere, creando un film-documento sulla nascita di un libro che fonderà un genere (il romanzo-documento) e rivoluzionerà il mondo della letteratura.
Truman Capote, penna raffinata della rivista The New Yorker, vuole mettere in atto una sua vecchia teoria: in mano a un bravo scrittore qualsiasi fatto di cronaca può diventare un grande romanzo. L'occasione arriva quando legge dell'eccidio di una famiglia in una fattoria del Kansas.
Per sei anni Capote segue il fatto di cronaca nera, prima recandosi a Holcomb con l'amica Nelle Harper Lee (che di lì a poco vincerà il Pulitzer con "Il buio oltre la siepe"), poi andando a trovare gli assassini in penitenziario, per raccogliere le loro confidenze, infine assistendo alla loro esecuzione.
Un film dallo stile rigoroso quello del debuttante Miller, documentarista e regista pubblicitario al suo esordio nel lungometraggio, che privilegia i lunghi dialoghi e tratteggia con sobrietà uomini e ambienti.
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