martedì 22 gennaio 2008

Recensione COUS COUS

Recensione cous cous




Regia di Abdel Kechiche con Habib Boufares, Marzouk Bouraouia, Faridah Benkhetache, Sabrina Ouazani, Hafsia Herzi

Recensione a cura di GiorgioVillosio

L'ex presidente Ben Bella, padre del socialismo algerino, fondatore del FLN ed anima della resistenza contro il dominio coloniale francese, promuoveva la sua rivoluzione con uno spietato anatema, dicendo a muso duro ai nemici dell'esagono: "Voi ci avete colonizzato con le vostre armi...E noi vi conquisteremo coi ventri delle nostre donne!". La sua lontana profezia è oggi sotto gli occhi di tutti, con la crescente immigrazione araba nei Paesi occidentali, l'esportazione della cultura islamica, il fiorire delle moschee e l'incremento demografico delle nostre città, coi tanti problemi che ne conseguono in termini di integrazione, a livello culturale e di occupazione; discorso questo che in realtà potrebbe estendersi all'immigrazione extracomunitaria in genere. E in effetti un film come "Cous Cous", oltre che nelle banlieue parigine, poteva girarsi a Tor di Quinto a Roma, come a Torino S.Salvario o in tante zone della campagna meridionale, dove magrebini e marocchini fanno parte integrante della popolazione.

Una giusta lettura del film "Cous Cous" non può dunque prescindere da una interpretazione storico-sociologica di questo genere: nei sobborghi popolari della città costiera di Sète, in uno squallido quartierone prefabbricato, si svolge la vita di una famiglia di poveri immigrati, mantenuti con dura fatica del capofamiglia che, lavorando da 40 anni in un cantiere marino, cerca di traghettare verso un maggiore benessere la nuova generazione. Ma lo fa in tempi difficili come quelli attuali, in cui lo spettro del precariato, della disoccupazione e del licenziamento è continuamente in agguato; da cui il dramma del povero protagonista che, lasciato a casa dall'azienda perché vecchio, morirà rincorrendo affannosamente la teppaglia del quartiere per recuperare il motorino rubato. Anche l'idea estrosa di "inventarsi" un ristorante di cous cous a bordo di una vecchia bagnarola ancorata nel porto, va valutata nell'ottica molto attuale della cosiddetta "nuova imprenditoria", sovente inutile, pretestuosa e poco redditizia; sufficiente solamente a "truccare le carte" delle indagini statistiche di regime sull'occupazione. Storia sociale, dunque, ma non solo.

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