Recensione into the wild
Recensione a cura di Mimmot
"Non conta essere forti, ma sentirsi tali", scelta di vita e credo di saggezza; è questo ciò che anima le decisioni coraggiose e lo spirito libero di un ragazzo di ventidue anni, alla incessante ricerca dell'essenza di se stesso, dei suoi ideali, della sua identità e della sua libertà.
Quarta prova come regista di Sean Penn, dopo "Tre giorni per la verità", "Lupo solitario" e "La promessa", "Into the wild", come i primi due, parla di uomini in fuga dal loro passato, alla ricerca della comprensione di se stessi e del posto che vorrebbero (o dovrebbero) occupare nel mondo.
Da sempre alieno ai compromessi sia nella sua vita privata che in quella pubblica, in prima linea nelle battaglie civili e politiche, Sean Penn ha impiegato 10 anni per ottenere i diritti del libro ed il consenso della famiglia McCandless per portare sullo schermo la figura e la storia di Christopher McCandless, un ragazzo di famiglia bene (padre ingegnere aerospaziale, madre scienziata), cresciuto in un ricco sobborgo di Washington D.C. che, appena terminati gli studi, scelse di abbandonare la vita agiata per ritrovare se stesso, lontano dal suo mondo e dalla sua famiglia, "nelle terre selvagge" che si riveleranno fatali.
Girato in circa otto mesi, durante i quali Emile Hirsch, il giovane attore protagonista, ha perso 20 kg di peso per seguire l'evoluzione del suo personaggio, "Into the Wild" è tratto dal best seller omonimo ("Nelle terre selvagge", in italiano) di Jon Krakauer, che Sean Penn ha "scoperto" per caso in una libreria di Brentwood, attratto dalla foto di copertina che ritraeva un vecchio autobus abbandonato nella neve.
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