giovedì 2 ottobre 2008

Recensione IL MATRIMONIO DI LORNA

Recensione il matrimonio di lorna




Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne con Jérémie Renier, Arta Dobroshi, Fabrizio Rongione, Alban Ukaj, Morgan Marinne, Olivier Gourmet, Anton Yakovlev, Grigori Manoukov, Mireille Bailly

Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,5)

Il cinema dei Dardenne, una delle migliori espressioni europee di questi anni, ha il pregio di svelare, attraverso una successione degli eventi poco tradizionale, il meccanismo interiore dello script, il pensiero originariamente celato.
Visto che il tema del film è "anche" la Creazione (quanto spirituale o quanto esorcizzante?), è lecito pensare che i fratelli più famosi del cinema contemporaneo di lingua francese tendano a spogliare, fino alla parziale nudità, il pensiero dell'animo umano.
È un cinema apparentemente semplice (o apparentemente complesso, dipende dai casi), freddo e calcolato, ma che agisce da denotatore nello spettatore più attento, rivelando attraverso immagini, silenzi, frasi dette e soprattutto gesti e sguardi la complessità della coscienza umana.

I gesti di Lorna, la protagonista del film (la stessa attrice di "Rosetta", qualche anno in più e qualche chilo in meno) fanno pensare alla duplicità del personaggio, che è però solo apparente, perchè la presa di coscienza è ben diversa dall'opportunità dello spettatore di condannare e (successivamente) assolvere il suo ruolo nella vicenda: e lo spettatore può provare avversione o solidarietà per questa ragazza albanese, a seconda delle angolazioni: ma più che altro è tutto ciò che gira attorno a lei, i nuovi codici di sfruttamento, ad apparire labile, fragile e doloroso.
Lorna, un'albanese che affronta un matrimonio "combinato" con un ragazzo tossicodipendente allo scopo di prendere la cittadinanza belga, sembra ogni volta vittima o responsabile diretta delle sue stesse scelte. E l'universo maschile del film, spesso così negativo come quello di Sokol (fidanzato "ufficiale" di Lorna) o Fabio (il complice italiano) mostra un mondo in lotta perenne con se stesso, e sembra uscire dai drammi esistenziali del nordico Kaurismaki, pur con meno ironia e maggior rigore stilistico: l'emotività interiore dei Dardenne è solo apparentemente scarna e "arida".

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