Recensione tutti giu' per terra
Recensione a cura di Hal Dullea
Walter Verra all'inizio è solo, còlto in controluce davanti a un'eclisse durante la quale "si ferma il mondo". Egli è un ventiduenne tornato malvolentieri alla famiglia di Torino dopo un'adolescenza trascorsa a Roma presso la zia Caterina. Non avendo niente di meglio da fare, con il proprio diploma da ragioniere comincia a seguire le lezioni alla facoltà di Filosofia. I professori sono sadici nei suoi confronti, i compagni non sono degli amici. Quanto alle ragazze, c'è poco da scegliere nonostante loro si sentano attratte da lui. Sottoposto a visita militare con quattro anni di ritardo, opta per l'obiezione di coscienza. Prende alloggio nella cosiddetta casa dell'obiettore a seguito d'una lite col padre, ma poi, trovandosi senza soldi e disoccupato, è costretto a ritornare dai genitori. Nel frattempo Caterina muore in un incidente stradale e con la sua scomparsa muoiono anche le ultime illusioni. Tra spese d'avvocato e il rimborso del furgone funebre, che lui spinge in folle lungo una discesa in un gesto estremo di rifiuto dell'ipocrisia parentale, svaniscono pure i cento milioni d'eredità lasciatigli dalla zia. Tenta vari e disparati lavori e, mentre un racconto da lui scritto viene pubblicato nell'antologia "Under 24", finisce assunto come commesso.
Un giorno durante il suo turno incontra Fatima, una ragazza Rom, che sta rubando un reggiseno. Lui la insegue e la raggiunge, però non ha il coraggio di denunciarla e lei lo ricompensa sessualmente.
La filiazione letteraria dell'opera di Ferrario dall'omonimo romanzo di Culicchia, edito nel 1994, è in buona parte una reinvenzione, i due prodotti possono ignorarsi (o essere ignorati) reciprocamente e l'eventuale punto d'impatto va trovato nell'appartenenza degli autori a due differenti categorie esistenziali, a due visuali divergenti.
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