venerdì 3 ottobre 2008

Recensione L'OCCHIO CHE UCCIDE

Recensione l'occhio che uccide




Regia di Michael Powell con Karlheinz Böhm, Anna Massey, Moira Shearer, Esmond Knight

Recensione a cura di ULTRAVIOLENCE78 (voto: 8,5)

"Peeping Tom" (la cui traduzione in italiano è "guardone") è un film di Michael Powell, nato da un soggetto del crittografo Mark Lewis e uscito in Gran Bretagna nel 1960.
Si può pacificamente affermare che esso rappresenta un formidabile esempio di thriller psicologico e metacinematografico, che ha influenzato una schiera di registi successivi (basti pensare all'Alejandro Amenábar di "Tesis" o al Brian De Palma di "Doppia personalità" e probabilmente anche David Lynch: nell'idea di film nel film che sta alla base di "INLAND EMPIRE", gli è debitore).
Trascurata dai critici benpensanti dell'epoca (indignati per la sua vena malsana), la pellicola è stata infatti portata successivamente in auge dai cinefili più accorti (in primis Martin Scorsese), i quali le hanno restituito la dignità che si merita, rivalutandola e riscoprendone l'intrinseca grandezza nonché la complessità.

Già dalla illustrazione della trama si può intuire la polisemia che caratterizza questa caleidoscopica opera di Powell.
Mark Lewis (Carl Boehm) è un cineoperatore con una mente deviata. Egli infatti ha un'ossessione (indicata col termine scientifico "scopofilia", più comunemente nota come voyeurismo): spiare gli altri riprendendoli con la sua inseparabile cinepresa, ma soprattutto "immortalare" le donne nella loro estrema espressione di paura, cioè quella immediatamente precedente la loro morte, mentre si osservano. Esse, infatti, hanno la possibilità di guardarsi a uno specchio, posizionato sulla cinepresa, negli attimi in cui l'assassino si avvicina a loro con il pugnale (che si nasconde in una gamba del treppiedi della stessa macchina), fino al momento culminante con la loro uccisione.
Ma il terribile segreto di Mark non è destinato a restare celato.
L'incontro con la semplice e ingenua Helen (Anna Massey), sua inquilina che vive con la madre cieca (Moira Shearer), determinerà in lui una rottura: già al primo incontro Mark, rapito dalla affabilità e dalla dolcezza di Helen, si espone a lei svelandole l'orribile passato che ha segnato la sua infanzia, ossia mostrandole i filmati girati dal padre allo scopo di sperimentare su di lui le reazioni alla paura. Il contenuto delle pellicole è terribile: esse ritraggono Mark da bambino mentre è soggetto a crudeli vessazioni volte a provocarne lo stimolo dello spavento. A queste si aggiungono scene di vita quotidiana che, come lo stesso Mark rivelerà prima con un'affermazione sibillina ("nella mia infanzia non sono mai stato un istante solo con me stesso") poi apertamente, fanno capire come ogni momento della sua esistenza di bambino fosse stata cinicamente violata attraverso lo sguardo invasivo e incessante del padre.
In queste scene filmate compare anche la matrigna di Mark: egli, anche se non lo afferma apertamente (ma lo si intuisce), non ha mai accettato l'ingresso nella sua vita di questa figura che ha sostituito prematuramente quella della madre appena un mese e mezzo dopo la sua morte. E tale sua non accettazione si è col tempo tramutata, in seguito ai danni irreparabili subiti dalla sua psiche, in una pulsione necrofila verso qualsiasi soggetto femminile che ricordasse fisicamente colei che ha sostituito sua madre (le donne da lui assassinate sono infatti, così come la matrigna, tutte avvenenti e di bell'aspetto).

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