sabato 20 dicembre 2008

Recensione HAPPY GO LUCKY - LA FELICITA' PORTA FORTUNA

Recensione happy go lucky - la felicita' porta fortuna




Regia di Mike Leigh con Sally Hawkins, Eddie Marsan, Nonso Anozie, Elliot Cowan, Samuel Roukin, Andrea Riseborough, Sarah Niles, Alexis Zegerman

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Una giovane maestrina dei suburbi londinesi dispensa sorrisi, comprensione e amabilità a tutti. Ai limiti dell'eccesso, venendo a confronto con casi di segno opposto, nevrotici e autocentrati, portati a fraintendere il comportamento open di lei. Difficile dimenticare scene esilaranti, come nella lezione di flamenco.

"Happy Go Lucky", reduce dai grandi consensi di Berlino, che ha tributato l'orso d'argento come miglior attrice alla protagonista Sally Hawkins, è una commedia lieve e dolce ad opera di Mike Leigh, già vincitore al Festival di Venezia, anni or sono, con il ben più drammatico "Il segreto di Vera Drake".
Il cinema di Leigh appartiene al filone del "realismo", che assume connotazioni particolari a seconda del Paese di origine, in relazione al profilo sociologico nel momento storico in atto.
Ad esempio nell'Italia del dopoguerra, povera, lacera e sconfitta, si esprimevano i drammi sociali della miseria generale e degli orfani abbandonati; come invece, nella Russia dei Soviet, si raccontavano, con ottimismo speranzoso e propagandistico, le grandezze del socialismo "trionfante" in contesti agricolo-popolari.
Nell'Inghilterra del dopoguerra, al contrario, quello che era stato il primo impero del mondo, maramaldeggiando col suo potere per oltre un secolo, abbassava forzatamente le ali, rinunciando alla grandeur ormai appannaggio degli alleati-cugini americani; il che, sul piano artistico, non poteva che produrre una qualità diversa, a nostro avviso superiore. Con una maggiore attenzione alla psicologia dei singoli, all'introspezione individuale, alla riflessione sulle umane miserie e sulla caducità dei più deboli; i cosiddetti "Vinti" del nostro ciclo verista, o "perdenti", come oggi definiti i più poveri dalla nostra società "opulenta".
Ma forse c'è qualcosa nell'aria che induce i più sensibili ad aggiustare il tiro (sarà l'incombente crisi globale del capitalismo?).

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