Recensione state of play
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Recensione a cura di Mimmot
Visto così, ad una lettura un po' superficiale, "State of play"può sembrare un normale political/thriller, debitore dei grandi classici degli anni '70 sia del filone del giornalismo investigativo, come "Tutti gli uomini del Presidente" e "Perché un assassino", di Alan J. Pakula (il primo sullo scandalo Watergate e il secondo sull'uccisione di un Presidente americano), che dei thriller innovativi, come "I tre giorni del condor", di Sydney Pollack, sui settori deviati della CIA; e invece l'ultimo film di Kevin Macdonald è un thriller che pur rispettando i canoni dello specifico cinematografico si dimostra un film fortemente democratico, che sa rappresentare in modo perfetto la profonda sfiducia di un paese, privato di certezze e intimorito dalle nubi che sembrano addensarsi sul suo futuro.
Un film che recupera umori e atmosfere del rapporto, da sempre esistente, tra giornalismo e potere e tra giornalismo politico ed etica all'interno del suo mondo: un'etica sempre più asservita al capitale, alla politica e alle lobby industriali.
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